Perquisizione dello studio legale La Suprema Corte sul punto con sentenza n. 44892/2022

 

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perquisizione dello studio legale

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La perquisizione dello studio legale dell’avvocato è soggetta a particolari vincoli e garanzie, in primis la disciplina prevista dall’art. 103 c.p.p. Sul punto si è pronunciata di recente la Suprema Corte che con sentenza n. 44892/2022 ha ribadito la ratio della disciplina e le garanzie del diritto di difesa poste alla base della disciplina che limita la perquisizione dello studio legale.

La disciplina dell’art. 103 c.p.p.

L’art. 103 c.p.p. rubricato “Garanzie di libertà del difensore” stabilisce che:

  1. Le ispezioni [244 c.p.p.] e le perquisizioni [247 c.p.p.] negli uffici dei difensori sono consentite solo: a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio sono imputati [60, 61 c.p.p.], limitatamente ai fini dell’accertamento del reato loro attribuito; b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate.
  2. Presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché presso i consulenti tecnici [225 c.p.p.] non si può procedere a sequestro [253 c.p.p.] di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato.
  3. Nell’accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell’ufficio di un difensore, l’autorità giudiziaria a pena di nullità [177-186 c.p.p.] avvisa il consiglio dell’ordine forense del luogo perché il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento.
  4. Alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori procede personalmente il giudice ovvero, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice.
  5. Non è consentita l’intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni [266 c.p.p.] dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite.
  6. Sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza [254 c.p.p.] tra l’imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato.
  7. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’articolo 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati [191 c.p.p.]. Fermo il divieto di utilizzazione di cui al primo periodo, quando le comunicazioni e conversazioni sono comunque intercettate, il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente, e nel verbale delle operazioni sono indicate soltanto la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta.

 

Il caso

La Suprema Corte si pronuncia sulla disciplina dell’art. 103 c.p.p. ed in particolare sulla possibilità di procedere alla perquisizione dello studio legale nel caso in cui l’avvocato rivesta la qualifica di indagato.

Il Tribunale annullava il sequestro e il decreto di convalida emesso dal P.m. limitatamente ai beni e ai documenti reperiti a seguito di perquisizione dello studio legale dell’avvocato ricorrente, cui ne disponeva la restituzione.

Il Tribunale ha ritenuto sussistente la violazione delle garanzie previste dall’art. 103 c.p.p. In particolare,  l’ordinanza impugnata ha argomentato, in consapevole dissenso rispetto alla prevalente giurisprudenza, che le garanzie previste ai commi terzo e quarto dell’art. 103c.p.p.., devono trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui il legale stesso risulti
indagato. Il Pm, però, deposita un ricorso per Cassazione.

La pronuncia della Corte di Cassazione

La Suprema Corte rigetta il ricorso. Il collegio ricorda che “le garanzie di libertà dei difensori, previste dall‘art. 103 c.p.p., sono apprestate a tutela non della dignità professionale degli avvocati, ma del libero dispiegamento dell’attività difensiva e del segreto professionale, che trovano il diretto supporto nell’art. 24 della Costituzione, che sancisce la inviolabilità della difesa, come diritto fondamentale della persona. Tali garanzie mirano a prevenire il pericolo di abusive intrusioni nella sfera difensiva, in quanto l’attività di ricerca negli studi professionali implica la possibilità di esame di carte e di fascicoli utili per l’esercizio autonomo dell’attività di difensore“.

Sulla questione va ricordato anche un importante intervento a Sezioni Unite in cui, superato un conflitto giurisprudenziale sul tema, fu ribadito che “deve ritenersi illegittima la perquisizione di uno studio di un difensore disposta dal pubblico ministero ed eseguita dalla polizia giudiziaria senza l’osservanza delle prescrizioni dell’art. 103 commi terzo e quarto c.p.p., anche se con riferimento ad un procedimento diverso da quello in cui era svolta attività difensiva” (Sez. U, n. 25 del 12/11/1993, dep. 1994, Grollino,Rv. 195627). 

Dunque, le speciali garanzie di libertà del difensore previste dall’art. 103 c.p.p. non riguardano solo il difensore dell’indagato o dell’imputato nel procedimento in cui sorge la necessità di svolgerle attività di ispezione, perquisizione o sequestro, ma vanno osservate in tutti i casi in cui tali atti vengano eseguiti nello studio di un professionista iscritto all’albo degli avvocati. E ancora “atteso che non si tratta di privilegi di categoria, finalizzati alla «tutela» della dignità dei suoi appartenenti, ma del riflesso dell’inviolabilità del diritto di difesa, come diritto fondamentale della persona garantito dall’art. 24 della Costituzione“.

Si può concludere affermando pacificamente che, alla luce dell’art. 24 della Costituzione, baluardo dell’inviolabilità del diritto alla difesa, non rileva che l’avvocato, come nel caso di specie, sia indagato con alcuni soggetti di aver commesso reati fallimentari e tributari con autoriciclaggio e reimpiego di denaro di provenienza illecita. Qualunque attività di ispezione o perquisizione dello studio legale deve avvenire nel pieno ed inderogabile rispetto di quanto sancito ai sensi dell’art. 103 codice di rito.

 

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