Coronavirus Italia: possono tracciare i nostri spostamenti? E la privacy? Il modello italiano e il confronto con il modello coreano e cinese

 

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3 min di lettura

L’epidemia da coronavirus che colpisce l’Italia con migliaia di contagi ogni giorno ha un nuovo avversario. La Regione Lombardia, dove il coronavirus nel mese di marzo 2020 si è accanito con maggiore impatto rispetto alle altre regioni, ha attuato strategie del tutto innovative volte alla individuazione degli spostamenti dei cittadini. Quali sono le conseguenze dell’emergenza sanitaria? Come possono coordinarsi le esigenze di tutela per la salute pubblica e la nostra privacy?

Come avvengono i controlli sugli spostamenti?

Vediamo nel dettaglio la nostra situazione sugli spostamenti e la privacy per il coronavirus. Il governo della Lombardia ha rilevato che ancora il 40% dei cittadini effettua spostamenti di distanza superiore ai 500 metri. Sono in atto, con l’aiuto degli operatori di telefonia mobile, controlli sugli smartphone, oggetto che chiunque uscendo di casa porta con sé.

I dispositivi si agganciano ad una cella per avere il segnale, e la cella copre una porzione limitata di territorio, al di la del quale il cellulare deve agganciarsi ad un ripetitore diverso.

I dati captati dalle celle si incrociano e si sovrappongono, perciò è possibile una mappatura degli spostamenti con calcolo della distanza coperta dal momento in cui si esce da casa.

Gli spostamenti sono stati tracciati e, visto che la maggioranza della popolazione percorre una distanza superiore a trecento o quattrocento metri, è evidente che sono spostamenti con motivazioni diverse da quella di fare la spesa sotto casa o portare giù il cane: la Regione ha invitato tutti ad una cautela maggiore.

C’è da tenere presente, tuttavia, che molti impiegano una distanza maggiore per raggiungere il luogo di lavoro o che sono pendolari.

Il modello sudcoreano e cinese

La Corea del Sud ha attuato strategie di prevenzione sanitaria di massa che mostrano dati confortanti. Inizialmente paese più colpito da coronavirus dopo la Cina, ha poi visto abbassarsi vertiginosamente la curva del contagio grazie, probabilmente, all’utilizzo di applicazioni che consentono di monitorare gli infetti e contestualmente indicano ai cittadini le zone da evitare.

In Cina, invece, il governo ha utilizzato i propri sistemi di sorveglianza di massa originariamente impiegati per monitorare le nascite per identificare i contagiati. Questi sistemi vengono utilizzati senza particolari problemi in un paese a governo dittatoriale nel quale la popolazione quotidianamente risente della ingerenza nella propria vita da parte delle Autorità.

Coronavirus e spostamenti: il giusto equilibrio fra sorveglianza sanitaria e privacy

In Italia è diverso. Sebbene la raccolta dei dati avvenga in forma anonima, il dettaglio su orari e luoghi potrebbe rendere possibile l’identificazione delle singole persone, soprattutto quando un domani questi dati potrebbero essere utilizzati con altre finalità.

Il regolamento per la protezione dei dati nell’Unione Europea (GDPR) recepito anche in Italia tutela la privacy e stabilisce che il trattamento dei dati avvenga entro determinate forme di garanzia, ma allo stesso tempo prevede eccezioni per casi di emergenza e di utilità pubblica.

L’impiego di dati aggregati sulle reti cellulari che sta conducendo la Regione Lombardia non sembra violare le regole, ma iniziative di ulteriore controllo ipotizzate negli ultimi giorni potrebbero invece porre diversi problemi per la privacy.

Lo stesso Garante per la privacy sottolinea la necessità dell’impiego di “modalità più opportune e proporzionate alle esigenze di prevenzione, senza cedere alla tentazione della scorciatoia tecnologica solo perché apparentemente più comoda, ma valutando attentamente benefici e costi, anche in termini di sacrifici imposti alle nostre libertà”.

 

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