Vendita di immobile abusivo: necessario un intervento delle Sezioni Unite Sono diverse le questioni rimesse alle Sezioni Unite della Cassazione

 

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L’abusivismo edilizio è un fenomeno illegale consistente nella realizzazione di edifici e manufatti edilizi in mancanza degli atti abilitativi richiesti dalla legge (licenza, concessione o permesso di costruire) o in difformità da essi. 

L’immobile abusivo non è incommerciabile.  A tale fine, la disciplina codicistica sulla vendita  (art. 1350; artt. 1470 ss.; artt. 1537 ss. c.c.) è  integrata dalla legislazione speciale. In particolare, gli artt. 17 e 40 L. 47/1985 e il successivo art. 46, D.P.R. 380/2001, comminano la nullità degli atti tra vivi, con i quali vengono trasferiti i diritti reali su immobili, ove essi non contengano la dichiarazione dell’alienante da cui risultino gli estremi della concessione edilizia dell’immobile, ovvero degli estremi della domanda di concessione in sanatoria.

Dunque sarebbe sufficiente, ai fini della commerciabilità dell’immobile abusivo, il requisito formale della dichiarazione urbanistica dell’alienante.

Un diverso orientamento sostiene che la nullità prevista dalle norme appena citate avrebbe natura sostanziale e, pertanto, deriverebbe non soltanto dall’assenza delle dichiarazioni del venditore ma anche dalla difformità tra il bene venduto ed il progetto assentito, pure in presenza di detta dichiarazione.

Alla base di questo più recente orientamento vi è, in particolare, il rilievo che la tesi della nullità formale produrrebbe il risultato – contrastante con la ratio di impedire il trasferimento degli immobili abusivi – di far dichiarare nullo un contratto avente ad oggetto un immobile urbanisticamente regolare (per il vizio formale della mancata menzione nell’atto del titolo abilitativo) e valido un contratto avente ad oggetto un immobile anche totalmente difforme dallo dalla concessione menzionata nel contratto (Cass. 5-12-2014, n. 25811; Cass. 17-9-2015, n. 18261).

Secondo Cass. ord. 31-7-2018, n. 20061 l‘orientamento relativo alla nullità sostanziale merita di essere riconsiderato, con alcune precisazioni.

Va osservato che la formulazione incerta delle norme citate tenta di conciliare l’esigenza di sanzionare l’abusivismo edilizio con l’esigenza di garantire una qualche forma di tutela del traffico giuridico e l’interesse dell’acquirente di evitare la nullità dell’atto di trasferimento.  

Occorre poi considerare che la nozione di irregolarità urbanistica è nozione assai ampia che presenta un esteso ventaglio di articolazioni, dall’immobile edificato in assenza di concessione, all’immobile edificato in totale difformità dalla concessione, all’immobile che presenta una variazione essenziale rispetto alla concessione o, ancora, a quello che presenta una parziale difformità dalla concessione.

L’orientamento generale della giurisprudenza di legittimità, desumibile da alcune significative sentenze relative a specifiche questioni (Cass. 7-1-2010, n. 52; Cass. 18-9-2009, n. 20258; Cass. 7-4-2014, n. 8081; Cass. 14-5-2018, n. 11659), considera che non sia sufficiente la menzione del titolo abilitativo nell’atto di trasferimento: si ritiene infatti  necessario che la concessione sia effettivamente riferibile alla concreta consistenza dell’immobile dedotto in contratto, non potendosi trasferire un immobile costruito in maniera così diversa da quanto previsto nella concessione e in stato tale da non potere essere ricondotto alla stessa.

Sarebbe, dunque, opportuno in primis che il generico concetto di immobili non in regola con la normativa urbanistica fosse specificato quanto alla portata della nozione di irregolarità urbanistica.

E poi sarebbe necessario operare un bilanciamento tra le esigenze del contrasto all’abusivismo e le esigenze di tutela dell’acquirente, nel caso di una difformità dell’immobile dal titolo abilitativo menzionato nell’atto che, al momento dell’acquisto, egli (o i suoi tecnici o il notaio rogante) non abbiano rilevato o, pur rilevandola, abbiano qualificato come difformità parziale e non essenziale. In questo caso si potrebbe ritenere che la sanzione della nullità, con la conseguente perdita della proprietà dell’immobile da parte dell’acquirente che lo abbia pagato, risulti sproporzionata rispetto al fine pubblicistico che la legge intende tutelare.

La parola passa alle Sezioni unite, chiamate a dettare la soluzione.

 

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