Tecniche di memorizzazione per preparare velocemente e meglio un concorso Passi ore sui libri e non riesci a ricordare granché? Prova a migliorare la tua memoria!

 

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7 min di lettura
Possedere una buona memoria può fare la differenza in diversi contesti (scuola, università, lavoro, preparazione di un concorso…). In generale, facilita la vita e può risultare vantaggioso anche nelle relazioni interpersonali. Di solito, per fissare nella mente date, nomi, definizioni, avvenimenti, concetti, gli studenti/candidati impiegano molto tempo e questo può scoraggiarli, determinare una crisi di fiducia o difficoltà di concentrazione. Per un approccio ottimale a una prova concorsuale, quindi, non solo è importante studiare sodo e bene, ma può essere altrettanto produttivo assimilare alcune semplici tecniche di memorizzazione, che agevolano e velocizzano il processo d’apprendimento.
 
 
Tre “mnemotecniche” infallibili
Le mnemotecniche sono delle metodologie per il potenziamento della memoria naturale, note fin dall’antichità. Le prime di cui ci sia giunta notizia venivano utilizzate per ricordare i lunghi e complessi discorsi degli oratori pubblici. Tra  quelli che ne   facevano uso, possiamo ricordare il POETA  Simonide di Ceo,  Cicerone e Quintiliano.
Alla loro base ci sono due processi fondamentali applicati alle informazioni:
·       l’elaborazione;
·       la riorganizzazione.
Tali tecniche, cioè, consentono di manipolare le nozioni principali, associando ad esse concetti più facili da ricordare di quanto non lo siano le informazioni che in seguito si dovranno recuperare. Un aspetto importante da sottolineare è che, per ottenere dei risultati soddisfacenti, è necessario allenarsi duramente e con costanza.
Focalizziamo l’attenzione su tre metodi che possono aiutare i candidati a un concorso a ricordare gli argomenti studiati:
·     la prima è una pratica antichissima, conosciuta sin dall’epoca degli antichi Romani e nota con il nome di “tecnica dei loci” o “delle stanze”;
·       la seconda è chiamata “tecnica delle parole di velcro”;
·       la terza è la cosiddetta “tecnica della parola-chiave”.
 
 
La “tecnica dei loci”
A inventarla fu il più grande oratore di tutti i tempi, Cicerone, il quale era costretto ad articolare discorsi di lunga durata e caratterizzati da infiniti elenchi. Oggi può essere utilizzata per preparare un importante esame scritto, ma anche in occasione di una prova orale o di un colloquio. È spesso adottata dagli uomini politici per non perdere il “filo logico” delle loro idee durante un comizio o un intervento pubblico.
Si basa sulla capacità, insita nella nostra mente, di associare tra loro idee, concetti o immagini. È necessario, infatti, pensare a un luogo o a un itinerario a noi familiare (il termine latino locus-loci, significa appunto “luogo”): ad esempio, le stanze della casa in cui viviamo, il tragitto che compiamo ogni giorno per recarci a lavoro, oppure qualsiasi altro spazio o percorso contenente punti di riferimento ben noti. Una volta individuati il luogo (o il percorso) e i punti di riferimento in esso contenuti, si devono associare a questi le informazioni che si vogliono memorizzare.
Pertanto, quando si ripassa un capitolo appena studiato o si è davanti a un ipotetico interlocutore, è fondamentale immaginare di ripercorrere, ad esempio, le diverse camere della propria abitazione nell’ordine desiderato e riportare alla mente i concetti-chiave associati a ciascuna di esse. In questo modo difficilmente si perderà il filo del discorso o si dimenticherà un elemento di una sequenza logica (o cronologica).
Per comprendere meglio, vediamo un caso concreto. Ipotizziamo di voler ricordare i primi 12 Stati appartenenti all’Unione Europea. La Germania, tra i Paesi fondatori dell’Unione, può essere associata alla porta di casa; la Francia, invece, al salone. Tutte le altre Nazioni possono, poi, essere identificate dalle altre camere, via via sempre meno importanti: il Lussemburgo, considerando la sua piccola superficie, può essere collegato al ripostiglio.
 
La “tecnica delle parole di velcro”
Il “velcro” è un dispositivo commerciale per la chiusura rapida di indumenti, scarpe, borse…, costituito da due strisce di tessuto sintetico che si uniscono tra loro con una semplice pressione. Questa tecnica sfrutta proprio l’idea di “unione” ed è particolarmente valida quando si presenta l’esigenza di ricordare elenchi piuttosto lunghi. Essa consiste nell’associare dei concetti a noi ben noti, come i numeri da 1 a 10, ad altri nuovi da imprimere nella mente.
Ecco un esempio di possibili “parole di velcro” da accostare ai primi dieci numeri:
·       uno → nessuno
·       due → bue
·       tre → viva il re
·       quattro → ratto
·       cinque → lince
·       sei → asino che sei
·       sette → magliette
·       otto → cotto
·       nove → piove
·       dieci → ceci
Una parola di velcro è solo un gancio mentale a cui “appendere” delle informazioni: una sorta di promemoria per aiutare la mente a recuperare i concetti. In altre parole, visto che non è possibile dimenticare come contare da 1 a 10, associando le informazioni a quei numeri, si crea un sistema di archiviazione mentale che consente di ripescare, al momento opportuno, le nozioni utili. Se, ad esempio, dobbiamo ricordare la data della Scoperta dell’America (1492), possiamo effettuare la seguente associazione: “nessun ratto [quando] piove [va dal] bue”.
Ciascuno di noi può creare le sue parole di velcro ? da associare magari in rima ? ogni volta che si devono memorizzare numeri o concetti complessi: non si riusciranno più a dimenticare le storielle assurde che ne verranno fuori!
 
La “tecnica della parola-chiave”
Viene utilizzata soprattutto per apprendere le lingue straniere. Essa consiste nell’associare una parola nuova a una conosciuta, di suono simile e facilmente rappresentabile tramite un’immagine. Per ricordare il termine nuovo bisogna pensare prima alla “parola-chiave”, poi all’immagine o alle azioni ad essa collegate.
Se, poniamo il caso, dobbiamo rammentare il sostantivo inglese street, il cui significato è “strada”, basta pensare a una strada “stretta” del centro città, in maniera tale che ogni qualvolta incontreremo quel termine avremo presente quella strada stretta” e riusciremo a tradurlo senza problemi.
Secondo gli studiosi che hanno ideato questa tecnica, Atkinson e Rough, la parola-chiave non deve essere necessariamente costituita da un solo termine. Si può, infatti, ricorrere anche a una breve frase, purché particolarmente significativa.
Tuttavia, è importante che essa:
·       sia foneticamente simile a una parte della parola straniera da apprendere (non necessariamente a tutta);
·       consenta di creare un’immagine facilmente memorizzabile;
·       sia distinguibile dalle parole-chiave adoperate per le altre voci straniere.
 
Ulteriori consigli
Ancora, per migliorare e consolidare le capacità di acquisizione delle informazioni possiamo suggerire di effettuare una sorta di “training autogeno”, che è bene compiere alla fine di una faticosa giornata di studio.
In pratica, è fondamentale:
·       convincersi di essere in grado di ricordare quello che si è studiato;
·       desiderare ardentemente d’imprimere in memoria quanto appreso;
·       ripetere tutti gli argomenti (mentalmente o a voce alta), almeno una volta e in modo chiaro;
·       ordinare al proprio cervello di memorizzare;
·       riguardare per intero tutto il materiale un’ultima volta.
 
Inoltre, è da tenere presente che un riposino pomeridiano subito dopo pranzo, prima d’iniziare a studiare, può favorire la capacità di memorizzazione. La pennichella, infatti, predispone la mente ad assorbire un maggior numero d’informazioni.
Anche l’esecuzione di giochi che stimolano l’attività mentale (tipo sudoku o cruciverba), la conduzione di una vita regolare e un consumo quotidiano di alimenti ricchi di Omega 3 (contenuti nel pesce, noci, nocciole e mandorle, cereali, semi di chia e di lino, oli vegetali, legumi e soia) rappresenta un modo validissimo per migliorare la capacità mnemonica di chi studia.
 

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