Le società con partecipazione pubblica possono fallire Una recente sentenza della Cassazione interviene sulla fallibilità delle società cd. in house

 

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La società di capitali con partecipazione pubblica (cd. “in house”) è assoggettabile a fallimento, atteso che, da un lato, l’art. 1 l.fall. esclude dall’area della concorsualità gli enti pubblici, non anche le società pubbliche per le quali trovano applicazione le norme del Codice civile nonché quelle sul fallimento, dall’altro lato, la particolare relazione interorganica che lega l’ente societario all’amministrazione pubblica (cd. controllo analogo) serve solo a consentire all’azionista pubblico di svolgere un’influenza dominante sulla società, senza incidere sull’alterità soggettiva dell’ente societario rispetto all’ente pubblico controllante, restando il primo pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni soggettive autonomo rispetto al secondo.
Lo ha stabilito la prima Sezione della Cassazione con la sentenza n. 5346 del 22 febbraio 2019 

Anche il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, approvato con d.lgs. 14/2019 (in vigore dal 15-8-2020), dispone “Il presente Codice disciplina le situazioni di crisi o insolvenza del debitore, sia esso consumatore o professionista, ovvero imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola, operando quale persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo, gruppo di imprese o società pubblica, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici” (art. 1, c. 1).

Secondo la Cassazione il sistema di gestione dei servizi pubblici risulta modulato su di una differenziata gamma di forme, relative ai servizi pubblici aventi rilevanza economica ed imprenditoriale, che possono essere gestiti, con scelta sostanzialmente discrezionale, attraverso varie alternative, che vanno dall’azienda speciale alla concessione, quindi da una minima ad una massima esternalizzazione, passando per la partecipazione a società capitali a vario assetto (tra cui spiccano quelle in house). 

È dunque la natura imprenditoriale dell’attività istituzionalmente svolta a qualificare la natura sostanzialmente privatistica delle società partecipate, giustificandone la sottrazione alla disciplina pubblicistica (ad es., in materia di contratti stipulati dalle aziende speciali, la forma è libera, fatta salva la disciplina per particolari tipologie di contratti, tra cui quella, del codice dei contratti pubblici, in cui le esigenze pubblicistiche riprendono il sopravvento con l’imposizione di forme negoziali del tutto peculiari e solenni: Cass. Sez. Un. 9-8-2018, n. 20684). 

 

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