Erano i primi giorni del mese di luglio quando il Governo, in merito alla Riforma della P.A., stava valutando la possibilità di accedere ai concorsi pubblici non soltanto con voto minimo di laurea, ma anche con la specifica dell’Università di provenienza, volendo con ciò sottolineare l’esistenza di Atenei più e meno generosi e quindi classificandoli di serie A o di serie B.
Una tale considerazione ha, giustamente, scatenato numerose polemiche e delineato una netta separazione tra coloro che con questo provvedimento vedevano una discriminazione tra le diverse Università e quelli che invece ritenevano che così facendo si potesse procedere ad una selezione maggiore verso le eccellenze.
Oggi, il testo del provvedimento è al riesame in commissione al Senato e l’intero comma relativo al voto minimo per l’accesso ai concorsi pubblici è stato soppresso, ciò significa che in tutti i prossimi bandi di concorso tra i requisiti di ammissione sarà richiesto il titolo di studio, e ai concorsi aperti ai laureati potranno accedere tutti coloro in possesso di diploma di laurea o di laurea conseguito entro il termine di scadenza della domanda di partecipazione.
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