Gli ospedali cd. ‘classificati’ e l’obbligo di rispetto della normativa sui contratti pubblici Il Consiglio di Stato interviene sul regime giuridico degli ospedali cd. "classificati"

 

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I giudici della Terza Sezione del Consiglio di Stato, con una recente decisione (sentenza 28-2-2019, n. 1410), si sono pronunciati in ordine al regime giuridico degli ospedali cd. “classificati” e sulle ripercussioni di tale qualificazione in materia di contratti pubblici.

Sulla scorta di quanto affermato dalla Corte di giustizia Ue, i giudici hanno, innanzitutto, escluso la completa equiparazione degli ospedali classificati al regime degli ospedali pubblici: in particolare, nel merito, è stato espresso il principio per cui gli ospedali classificati, anche se non sono soggetti al regime dell’accreditamento e operano nell’ambito del servizio sanitario nazionale direttamente erogando le prestazioni, sulla base di accordi con le Regioni, non si possono ritenere, a tutti gli effetti, nell’ordinamento nazionale equiparati ad un soggetto pubblico.

Cosa si intende per ospedali cd. classificati?

Quando si parla di ospedali classificati si fa riferimento a quegli istituti ed enti ecclesiastici che esercitano l’assistenza ospedaliera e che, ai sensi dell’art. 1, ultimo comma, L. 132/1968, qualora in possesso dei requisiti previsti dalla legge, possono essere “classificati”, a domanda, nelle categorie ospedaliere previste dal legislatore per la programmazione ospedaliera. Ciò significa che i requisiti strutturali e l’organizzazione delle attività e servizi devono essere qualitativamente gli stessi delle strutture ospedaliere pubbliche e che tali ospedali, per poter erogare qualsiasi prestazione, devono attenersi e rispettare i L.E.A. – Livelli Essenziali di Assistenza, strumentali alla fornitura di prestazioni e servizi a tutti i cittadini indipendentemente dal reddito e luogo di residenza da parte degli enti del SSN.
Ciò che caratterizza gli ospedali classificati è, dunque, la proprietà degli stessi, che non appartiene allo Stato ma ad ordini religiosi, anche di fede non cattolica.
Quanto alla loro disciplina, già nella L. 833/1978, istitutiva del SSN, si prevedeva, all’art. 41, che il rapporto fra gli ospedali classificati e le UU.SS.LL. doveva essere regolato da apposite convenzioni; oggi la normativa di riferimento è rinvenibile nell’art. 8quinquies, comma 2quater, D.Lgs. 502/1992, per il quale le Regioni stipulano accordi, tra gli altri, con gli ospedali classificati, con i quali è stabilito che <<l’attività assistenziale, attuata in coerenza con la programmazione sanitaria regionale, sia finanziata a prestazione in base ai tetti di spesa ed ai volumi di attività predeterminati annualmente dalla programmazione regionale nel rispetto dei vincoli di bilancio, nonché sulla base di funzioni riconosciute dalle Regioni, tenendo conto nella remunerazione di eventuali risorse già attribuite per spese di investimento>>.

La qualificazione di ospedale classificato e la disciplina dei contratti pubblici

Nella controversia portata all’esame del giudice amministrativo, ad un ospedale classificato era stata attribuita la fornitura di un prodotto nei confronti di altri ospedali e aziende sanitarie della Regione, senza l’esperimento delle prescritte procedure di gara. Dal punto di vista economico, da un lato, la distribuzione del farmaco agli ospedali pubblici regionali era gratuita, salvo il solo costo del trasporto del prodotto a carico delle amministrazioni destinatarie della fornitura, e, dall’altro lato, la Regione si era impegnata a versare all’ospedale classificato una sovvenzione destinata alla produzione del farmaco stesso.
Di fatto, tale attribuzione configurava un’ipotesi di affidamento diretto di un contratto di fornitura, sulla cui legittimità veniva chiamato a pronunciarsi il giudice amministrativo.
Sulla questione, il Consiglio di Stato, conformandosi ai principi sanciti in merito dalla Corte di giustizia con la sentenza del 18 ottobre 2018, in C-606/17, ha ritenuto che l’attribuzione diretta ad un ospedale classificato di un finanziamento finalizzato alla fabbricazione di prodotti da fornire gratuitamente a diverse amministrazioni è da intendersi come “contratto a titolo oneroso”: ciò che, infatti, connota tale contratto come <<oneroso>> è l’esistenza del finanziamento stesso, essendo irrilevante che il suo importo sia di gran lunga inferiore al costo della fornitura, che non può essere compensato neanche dalle spese di trasporto fatturabili dalle amministrazioni.
Conseguentemente, venendo in rilievo un contratto a titolo oneroso, esso è sottoposto alle procedure di aggiudicazione di contratti pubblici ed alla relativa disciplina. Dalla suddetta qualificazione discende che l’affidamento diretto in questione è contrario alla normativa europea e nazionale degli appalti pubblici e che l’applicazione di tale disciplina non può essere esclusa dalla natura giuridica di ospedale classificato, benché non soggetto al regime dell’accreditamento ed operante nell’ambito del servizio sanitario nazionale erogando direttamente le prestazioni.
Ed infatti, la giurisprudenza europea ha precisato che l’applicazione della disciplina sugli appalti è esclusa solo in presenza di contratti stipulati tra due <<entità pubbliche>> al fine di garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune agli enti medesimi (sentenza 12 dicembre 2012 in C-159/11) o tra un’entità pubblica qualificata come «amministrazione aggiudicatrice» e un soggetto giuridicamente distinto dall’entità suddetta, qualora quest’ultima eserciti su tale soggetto un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e questo soggetto realizzi la parte essenziale delle proprie attività con l’entità o le entità che la detengono (sentenza 18 novembre 1999, in C-107/98; sentenza 11 gennaio 2005, in C- 26/03). La non equiparazione degli ospedali classificati ai soggetti pubblici comporta, dunque, che questi sono tenuti al rispetto della normativa sulla contrattualistica pubblica.

 

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