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L’ art 25, co 2 contiene la seguente norma: “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”; si tratta della enunciazione del principio di irretroattività della legge penale, strettamente collegato al principio di legalità e al principio di colpevolezza. Essi costituiscono il fondamento del sistema penale: ogni cittadino che attua comportamenti perseguibili penalmente, deve sapere che sta commettendo un reato, e la conoscenza/conoscibilità del precetto penale è garantita in quanto esso è previsto da un norma incriminatrice in vigore al momento del fatto. Su questo si basa il giudizio di rimproverabilità da parte dell’ordinamento, espresso attraverso la sanzione.
All’elemento della vigenza della norma penale incriminatrice al momento della realizzazione della condotta (attiva o omissiva) vietata, assieme all’elemento della conoscenza o conoscibilità del precetto si riporta la concezione normativa della colpevolezza, condivisa dalla dottrina unanime, per la quale l’elemento psicologico del reato consiste nella consapevolezza di porre in essere un comportamento antigiuridico, laddove in caso di dolo, l’agente si rappresenta per intero il processo di realizzazione dell’illecito, mentre in caso di colpa, pur non intervenendo l’elemento previsionale, è presente un aspetto di negligenza che investe quantomeno il profilo della informazione (utilizzando un livello di diligenza media l’agente avrebbe dovuto conoscere il divieto) ugualmente rimproverabile nei casi previsti dalla legge.
Anche l’art. 11 disp. prel. al codice civile enuncia un principio generale dell’ordinamento riferibile a tutti i settori del diritto: l’efficacia della legge non può essere retroattiva.
Abolitio criminis e successione di leggi penali nel tempo
La norma che disciplina l’avvicendarsi delle leggi penali nel tempo è appunto l’art 2 del codice penale, prevedendo:
- al comma 1: nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato;
- al comma 2: nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali;
- al comma 4: se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. .
La norma tratta la prima delle tre ipotesi relative al rapporto legge penale-decorso del tempo. Il comma 1 ribadisce il principio della irretroattività della legge penale, che esclude la possibilità di punire un fatto commesso dopo l’abrogazione o la perdita d’efficacia della norma che lo incriminava (cd. divieto di ultrattività della legge penale)
Il comma 2 invece fa riferimento alla c.d. abolitio criminis. Si tratta qui dell’ipotesi di abolizione di incriminazioni preesistenti. In tali ipotesi si applica il principio della retroattività piena della legge penale. La disciplina trova fondamento da un lato nel principio del favor rei, che comporta l’applicazione della legge favorevole al reo, e dall’altra nel principio d’uguaglianza. L’ abolitio criminis travolge anche il giudicato e gli effetti penali della condanna: il reato, quindi, è come se non fosse mai stato commesso, benché accertato con sentenza definitiva.
Il comma 4 descrive invece il fenomeno della successione di leggi penali nel tempo; sul punto viene ribadito il principio di irretroattività di ogni legge successiva sfavorevole al reo e contestualmente viene imposta l’applicazione retroattiva della legge più favorevole, in ossequio al principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 della Costituzione che riguarda anche il trattamento giuridico e strettamente sanzionatorio. In caso di successione di leggi penali nel tempo la disposizione più favorevole va individuata in concreto, quindi avendo riguardo della concreta applicazione al caso di specie. Il tema più dibattuto in tema di successione di leggi penali riguarda la distinzione fra abolitio criminis e successione di leggi penali nel tempo.
Ad avviso della dottrina dominante sussiste successione di leggi penali nel tempo, con conseguente applicazione dei commi 3 e 4 dell’articolo 2 del codice penale, quando fra le norme succedutesi c’è un rapporto di continenza, tale per cui la nuova legge penale contempla tutti gli elementi del reato come precedentemente formulato, più un elemento specializzante.
Il caso controverso della sanzioni del d.l. 19/2020 sul coronavirus
Il decreto legge 25 marzo 2020, n. 19 recante Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 ha previsto, all’ articolo 4 comma 1 che salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, ovvero dell’articolo 3, e’ punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanita’, di cui all’articolo 3, comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo.
Il comma 8, inoltre, così recita: le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla meta’. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 101 e 102 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507.
Sembrerebbe quindi che sia stata operata una depenalizzazione della condotte individuate precedentemente come reato; tuttavia, la norma che introduce la sanatoria, non fa salva la responsabilità di tipo amministrativo, e viene fatto obbligo del pagamento della sanzione pecuniaria anche per condotte poste in essere in un momento antecedente all’entrata in vigore del nuovo decreto legge.
Il comma 5 dell’articolo 2 del codice penale prevede che se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti; alla luce di questa disposizione potrebbe escludersi che i recenti provvedimenti adottati dal Governo, che certamente hanno introdotto norme di natura eccezionale la cui efficacia è limitata nel tempo, ricadano nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 del codice penale ed è quindi eliminato ab origine il problema della compatibilità col principio di irretroattività e con la disciplina che regola successione di leggi penali nel tempo. Legittimamente il Governo introduce un cambiamento nella punizione dei comportamenti dei cittadini trasformando il reato penale in sanzione amministrativa, anche perché il pagamento immediato di una somma è più efficace a scoraggiare comportamenti di trasgressione ai divieti, rispetto alla denuncia che, dati i tempi dei procedimenti penali, porterebbe esito molto più in là. Si è valutato che è necessario una risposta immediata per contenere le trasgressioni dei cittadini e il diffondersi dell’epidemia.
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