Indennizzi talidomide: è discriminatorio differenziare i danneggiati La Corte Costituzionale sull'indennizzo da vaccinazioni obbligatorie

 

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Con la sent. n. 55 depositata  il 20 marzo 2019, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 21ter, comma 1, D.L. 24 giugno 2016, n. 113, conv. in Legge 7 agosto 2016, n. 160, nella parte in cui in cui solo dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (21 agosto 2016) riconosce anche ai nati nel 1958 e nel 1966 – affetti da sindrome da talidomide – l’indennizzo da vaccinazioni obbligatorie.
Per effetto della pronuncia la condizione di tali soggetti, nati nel 1958 e nel 1966, viene equiparata a quella dei nati tra il 1959 e il 1965, affetti dalle medesime patologie, per i quali l’indennizzo spetta, in base al regolamento di esecuzione dell’art. 2, comma 363, della legge n. 244 del 2007, dalla data di entrata in vigore di quest’ultima, e quindi dal 1° gennaio 2008. 

La Corte costituzionale non ha condiviso l’assunto dell’Avvocatura generale secondo la quale – solo nel periodo di effettiva commercializzazione del farmaco (dal 1959 al 1962) e per il triennio in cui, pur non essendo più in commercio, esso aveva ancora validità (quindi fino al 1965) – sarebbe possibile riconoscere una «responsabilità» dello Stato per la lesione del diritto alla salute e, quindi solo per i soggetti nati tra il 1959 e il 1965, mentre per i soggetti nati nel 1958 e nel 1966, la ratio del beneficio sarebbe di mero «carattere solidaristico», pur in assenza di qualsiasi «responsabilità» dello Stato.

Per la Corte l’indennizzo presenta in ogni caso natura assistenziale e il suo riconoscimento prescinde da qualsiasi «imputabilità» dello Stato, per cui è censurabile la scelta operata dal legislatore del 2016, il quale ha sì deciso di estendere l’indennizzo ai soggetti nati nel 1958 e nel 1966, riconoscendo ad essi i medesimi presupposti di tutela, ma ha imposto loro una decorrenza del beneficio diversa e ben più penalizzante, che determina una differenza di trattamento priva di giustificazione, e perciò lesiva dell’art. 3 Cost.

 

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