Il D.L. 148/2017 ha aggiunto l’art. 13 bis nella Legge Professionale Forense, che detta le regole per assicurare un equo compenso agli avvocati che intrattengono (anche in forma associata o societaria) rapporti professionali con imprese bancarie e assicurative o con la Pubblica Amministrazione
Queste imprese spesso ricorrono a convenzioni predisposte unilateralmente per regolare l’attività dell’avvocato che cura i loro interessi.
Il decreto è intervenuto per assicurare all’avvocato, in questi rapporti contrattuali, il giusto compenso, proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale.
L’equo compenso viene calcolato sulla base dei parametri predisposti dal Ministero.
Il decreto, inoltre, tutela l’avvocato dalle eventuali clausole vessatorie introdotte a suo svantaggio dalle imprese nelle convenzioni.
Ad esempio, si considerano vessatorie le clausole che consentono al cliente di:
- modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
- pretendere dall’avvocato prestazioni aggiuntive a titolo gratuito;
- pretendere dall’avvocato l’anticipo delle spese della controversia;
- rinviare il pagamento del compenso a oltre 60 giorni dalla emissione della fattura;
- prevedere che il compenso pattuito per l’assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti soltanto in caso di sottoscrizione del contratto.
Nei casi previsti, le clausole considerate vessatorie sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto e la nullità opera soltanto a vantaggio dell’avvocato.
Entro 24 mesi dalla sottoscrizione della convenzione l’avvocato può agire in giudizio per ottenere dal giudice la dichiarazione di nullità delle clausole e la rivalutazione dei compensi sulla base dei parametri ministeriali.
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