Ai provvedimenti assunti dal Governo per fronteggiare il diffondersi del coronavirus in Italia in questo marzo 2020 sono stati affiancati in molte regioni ordinanze che ne ampliano il contenuto. La disobbedienza dei cittadini all’obbligo #iorestoacasa ha determinato l’intervento di sindaci e governatori volti all’inasprimento delle prescrizioni. Guardiamo insieme cosa sono le ordinanze e cosa possono prevedere.
Nel nostro ordinamento col termine”ordinanza” si fa riferimento a provvedimenti che sono diversi sia per l’autorità emanante che per il contenuto. Nel diritto processuale, ad esempio, l’ordinanza è un provvedimento di tipo giurisdizionale emanato nel corso di un procedimento; il campo in cui più spesso di sente parlare di ordinanze è quello del diritto amministrativo.
Le ordinanze amministrative sono emanate da un organo della pubblica amministrazione (ad esempio, il Prefetto o il Sindaco) per imporre un determinato comportamento: si tratta, quindi, di provvedimenti amministrativi che creano obblighi di comportamenti attivi (di fare o dare) o passivi (di non fare).
All’interno di questa categoria provvedimenti è possibile fare una distinzione: alcune ordinanze sono espressione di poteri tipici della P.A. sono però a presupposto necessitato (ordinanza di demolizione di un edificio pericolante; di abbattimento di animali affetti da malattie diffusive) e per queste il contenuto dell’ordine che in concreto può impartire l’amministrazione pubblica è predefinito dalla norma di legge attributiva del potere. Sono, queste, le ;ordinanze ordinarie (previste per specifici oggetti e contenuti da precise disposizioni di legge), che possono essere emanate sia da autorità politiche sia da dirigenti amministrativi di professione.
Altre, le ordinanze di necessità ed urgenza, sono emanate in deroga all’ordinamento giuridico vigente, ma devono comunque osservare i suoi principi generali e le norme costituzionali.
Le ordinanze di necessità ed urgenza sono atti amministrativi che trovano fondamento in una norma eccezionale contenuta nell’art. 14, delle Preleggi , che così recita: le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in essere considerati.
L’attribuzione di questo potere avviene solo in ragione del presupposto previsto in legge, la quale consente dunque di servirsene solo in quelle particolari situazioni d’eccezione (es. malattie epidemiche, o rovina di edifici).
Tali ordinanze trovano fondamento in molte disposizioni di legge ordinaria (art. 2 t.u.p.s.; art. 32, I. n. 833/1978; art. 50 e 54, d.lg. n. 267/2000) le quali in situazioni di necessità e urgenza oppure contingibili ed urgenti attribuiscono ad organi della pubblica amministrazione il potere di emanare i provvedimenti necessari a superare la situazione attuale di pericolo per interessi pubblici o collettività locali.
Caratteri delle ordinanze di necessità ed urgenza
La principali caratteristiche delle ordinanze sono la nominatività, la atipicità e la possibilità di derogare all’ordinamento.
Con riguardo alla prima caratteristica, essa si riferisce al fatto che il potere di ordinanza deve rinvenire necessariamente la sua fonte in un atto normativo.
Non può, invece, esservi predeterminazione legislativa con riferimento alle prestazioni di fare (o di non fare) contenute nelle ordinanze: da ciò deriva il fatto che si tratta di atti con contenuto atipico, non predeterminabile a priori. La urgenza per definizione non consente l’individuazione ex ante delle posizioni soggettive sacrificate, né degli interessi pubblici tutelati di volta in volta con l’ordinanza.
Pertanto, questi provvedimenti sono caratterizzati dall’ulteriore requisito della capacità di derogare all’ordinamento giuridico, perché nell’ambito dei principi fondamentali da esso stabiliti e, in ogni caso, nell’osservanza delle disposizioni costituzionali.
Natura giuridica, limiti e sindacato giurisdizionale
Con riguardo alla natura giuridica delle ordinanze, in passato annoverate fra la fonti del diritto proprio per la loro capacità di contenere statuizioni extra ordinem e quindi innovative dell’ordinamento, la dottrina le considerava atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi. Oggi la dottrina e la giurisprudenza prevalente, partendo dal presupposto che anche altri atti certamente non normativi (come i negozi giuridici) possono derogare a norme di legge dispositive, escludono la natura normativa delle ordinanze contingibili e urgenti e le annoverano tra i provvedimenti amministrativi pur rilevando che esse, se si conformano al principio di legalità, in quanto previste da norme di legge, costituiscono un’eccezione al principio di tipicità, essendo il loro contenuto non predeterminato dalla legge ma rimesso all’autorità che le emana.
Le ordinanze vengono emanate solo quando la situazione di emergenza non è rimediabile con strumenti ordinari e quando tale situazione urgente impone un intervento salvifico. Lo strumento adottato deve essere adatto alla situazione che si intende risolvere e non risultare eccessivo: ne deriva che il potere d’ordinanza contingibile ed urgente trova nella congruità non solo il fondamento, ma anche limite e parametro del sindacato giurisdizionale: i provvedimenti amministrativi d’urgenza rimangono sempre sindacabili sotto il profilo della proporzionalità e ragionevolezza tra presupposti e misure adottate e della adeguatezza dell’attività istruttoria.
Le ordinanze del Presidente della Regione Campania
In alcune regioni d’Italia, come anticipato, si è ritenuto doveroso ampliare la portata della prescrizioni contenute nei provvedimenti de Governo per limitare il diffondersi sul territorio dell’epidemia da coronavirus.
Queste ordinanze possono essere emanate in caso di emergenze sanitarie e di igiene pubblica, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 833/1978 e dell’art. 117 del D. Lgs. n. 112/1998, dal Ministro della salute, dal presidente della giunta regionale o dal sindaco, con efficacia estesa, rispettivamente, all’intero territorio nazionale o parte di esso comprendente più regioni, alla regione o parte del suo territorio comprendente più comuni, al territorio comunale.
In Campania il governatore De Luca ha disposto il divieto di attività sportiva, ludica o ricreativa in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Infatti, le disposizioni del Governo consentivano di fare sport all’aria aperta purchè venisse mantenuta la distanza di un metro fra le persone.
Il Presidente della regione Campania ha ritenuto che tali prescrizioni consentissero comunque il rischio di assembramenti dovuti a condotte individuali e perciò ha disposto il divieto di attività sportiva, ludica o ricreativa in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
Il ricorso e la risposta del TAR
La decisione è stata impugnata da un cittadino che, intenzionato ad allenarsi all’aria aperta, ha chiesto l’annullamento e in via cautelare la sospensione dell’efficacia della misura.
Il TAR Campania ha dato ragione a De Luca : la sua interpretazione del decreto del governo è corretta. La legittimità dell’ordinanza del Presidente della Regione è giustificata dal “rischio del contagio, ormai gravissimo sull’intero territorio regionale” e dal fatto che “ i dati che pervengono all’Unità di crisi istituita (…) dimostrano che, nonostante le misure in precedenza adottate, i numeri di contagio sono in continua e forte crescita nella Regione(…); nella valutazione degli interessi contrapposti nell’attuale situazione emergenziale a fronte di limitata compressione della situazione azionata, va accordata prevalenze alle misure approntate per la tutela della salute pubblica (…).
In allegato il testo del decreto monocratico.
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