Tanto tuonò…
Contro il maxi concorso per assistenti giudiziari, che ha mobilitato tutti gli Italiani, ma a quanto pare anche gli stranieri, si minacciavano già ricorsi a valanga. Nemmeno la dichiarazione social del Ministro Orlando sulla possibilità della banca dati anche per la prova selettiva aveva tenuto buoni i con corsisti.
Categorie protette, categorie in via d’estinzione, “i tronkisti” (concorsisti a cui erano capitate le dannate domande tronche e che erano stati riconvocati per rifare la prova), i “cinquantini” lesi da tronkisti aspiranti “cinquantini” erano tutti in attesa della graduatoria finale per ricorrere al Tribunale contro il concorso che ha tenuto impegnato tutta la Nazione, finalmente impegnata a leggere la Costituzione.
Ma un ricorso era già pendente da quando il concorso era stato bandito e si insinuava silenziosamente tra le maglie della sfilacciata prova preselettiva. Fino a quando con Ordinanza del 2 maggio 2017, Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Firenze ha ordinato al Ministero di sospendere la procedura concorsuale, accogliendo, in via d’urgenza, la domanda di una cittadina albanese che, insieme alla onlus l’Altro Diritto, aveva fatto ricorso contro il requisito della cittadinanza italiana previsto dal bando, che di fatto escludeva la partecipazione di cittadini non italiani, compresi quelli dell’UE.
Secondo il Giudice, infatti, l’articolo 3 del bando del concorso per assistenti giudiziari è discriminatorio nella parte in cui ritiene necessario il requisito della cittadinanza italiana per partecipare al concorso. Scondo l’ordinanza esite una costante giurisprudenza comunitaria che ritiene illegittimo tale requisito per l’accesso a posti di lavoro, come quello d’assistente giudiziario che, pur relativo e strumentale all’esercizio di un potere pubblico, in realtà consiste in attività preparatorie e ausiliari, che in nessun modo vanno ad inficiare il potere valutativo, decisionale e discrezionale della Pubblica Amministrazione.
Pertanto il Giudice ha ordinato la riammissione con riserva della ricorrente, nonché di tutti i cittadini che non abbiano la cittadinanza italiana, rientranti nelle categorie dell’art. 38 del D.Lgs. 165/2011, alla prova preselettiva. Il giudice ha anche ordinato la sospensione del concorso fino all’udienza di merito, già fissata per il 7 dicembre 2017, per permettere ai suddetti soggetti di poter presentare domanda e partecipare alle prove preselettive e selettive.
L’articolo 38 del D.Lgs. 165/2011 si riferisce ai cittadini degli Stati Membri dell’UE e i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato Membro che siano titolari di un diritto di soggiorno
Panico.
E sgomento.
I concorsisti sono ancora nella scelta del Manuale da comprare per lo studio di procedura civile e qui si parla già di Tribunale. Come al solito il complotto è agguato, visto che era già nell’aria da tempo e per alcuni ora è scritto nero su bianco, come a voler giustificare il malfunzionamento della macchina concorsuale da parte del Ministero.
Ma facciamo chiarezza sugli scenari che si aprono di fronte all’accoglimento, in via cautelare, di un ricorso ex art. 700 e sui risvolti pratici di una decisione di tal genere sull’andamento del concorso.
La ricorrente presentando un ricorso al Giudice del Lavoro chiede, in sostanza, di essere ammessa a partecipare ad un concorso da cui dovrebbe essere esclusa perché non avente il requisito della cittadinanza italiana.
Al di là delle questioni giurisprudenziali su tale requisito, e sull’accoglimento da parte del Giudice, la stessa, avendo presentato domanda a partecipare, instaura un ricorso ex art. 700 c.p.c., in via d’urgenza – si sa il tempo è tiranno e le cause hanno tempi biblici – e in corso di causa per poter essere ammessa alla prova preselettiva, che sono già state sostenute dagli altri candidati (c’è chi l’ha sostenuta due volte!).
Il ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. si basa su due presupposti fondamentali: il fumus boni iuris, cioè l’apparenza della fondatezza della propria pretesa, del diritto che si fa valere in giudizio e soprattutto il periculum in mora cioè il pericolo imminente ed irreparabile che il trascorrere del tempo fino alla conclusione della giudizio di merito (e in Italia, sappiamo bene, di cosa si tratta, in fatto di tempi della Giustizia) possa pregiudicare in maniera significativa il diritto del ricorrente.
La fondatezza di entrambi i presupposti permette l’accoglimento della domanda della ricorrente con tutti i provvedimenti consequenziali. I provvedimenti d’urgenza sono adottati allo per assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione finale ma sono anche provvedimenti precari nel senso che oltre a cessare d’efficacia nella pronuncia finale possono essere impugnati con il reclamo, di cui all’art. 669terdecies c.p.c. Reclamo che l’Avvocatura dello Stato, che difende il Ministero, ha già presentato e il prossimo 6 giugno ci sarà l’udienza.
Per quanto riguarda, invece, la posizione del Ministero non si sa ancora se aspetterà l’udienza di discussione fissata per il 7 dicembre prossimo o se, invece, ottempererà all’Ordinanza del Giudice riaprendo immediatamente i termini per ammettere la partecipazione dei soggetti finora esclusi a partecipare.
Cari concorsisti, sulle sorti di questo concorso ancora non ci è dato sapere, intanto abbiamo avuto modo di ripassare qualcosa di procedura civile o farci passare del tutto la voglia di lavorare in un Tribunale vista la qualifica dell’assistente giudiziario, non troppo felice, tratteggiata dal Giudice nell’ordinanza, mentre a Via Arenula (sede del Ministero) si vive la maledizione di un concorso che non s’ha da fare.
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