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Continuano inarrestabili le polemiche sulla stagione dei concorsi pubblici che si è ormai avviata dopo un lungo periodo di stop forzato dovuto alla pandemia. Sebbene si stia assistendo allo sblocco dei principali concorsi a cui sono chiamati a partecipare decine di migliaia di candidati, continua a evidenziarsi un quadro confusionario e una pessima gestione delle procedure selettive. Procedure selettive pur curate da enti e società che sulla carta dovrebbero essere specializzate, ma che ora sembrano entrate in fibrillazione per dare velocità ai concorsi, una velocità insensata e che sta rischiando di invalidare tutte le procedure.
Cosa è successo negli ultimi concorsi
Da qualche mese ne stiamo vedendo di tutti i colori: concorsi prima molto selettivi e poi, in corsa, aperti a tutti, selezioni con il 98% dei bocciati, prove preselettive eliminate lì dove c’erano e introdotte all’ultimo momento lì dove prima non c’erano, prove e graduatorie annullate e rifatte, banche dati con un quiz su 5 sbagliato (come quella dell’Agenzia delle Dogane pubblicata qualche giorno fa), prove con materie a sorpresa e non previste dal bando (Arpal Puglia), quiz nozionistici e inutilmente penalizzanti. E potremmo continuare.
Già qualche settimana fa parlammo delle più recenti défaillance del Formez PA che sembra non riuscire più ad infilarne una buona (e pensare che fino a qualche anno fa, il Formez era una garanzia per i concorsisti). Ora però non è solo il Formez a non funzionare, ma l’intera macchina concorsuale italiana, sia quella che regola il reclutamento presso le amministrazioni centrali sia quella delle amministrazioni locali.
Che cosa sta succedendo?
Buone intenzioni, scarsi risultati
Nelle intenzioni propagandistiche del Ministro Brunetta, la svolta riformista sui concorsi era tutta impostata sul principio meritocratico: basta concorsisti di professione, basta imparare banche dati a memoria; basta dipendenti pubblici anziani e demotivati; d’ora in poi le pubbliche amministrazioni selezioneranno solo i più giovani, i più motivati, i più meritevoli e quelli con le competenze più alte. E basta pure i quiz di logica ché persino il Ministro Brunetta non li sa fare.
«Era ora!» abbiamo esclamato tutti.
Quindi d’ora in poi selezioneremo in base alle competenze che i candidati sapranno dimostrare di avere. Ma come si fa a selezionare in base alle competenze e non alle semplici conoscenze nozionistiche?
Il modello EPSO
Nelle procedure EPSO, quelle per intenderci che selezionano i futuri funzionari dell’UE, si fa largo uso di sistemi selettivi all’avanguardia: quiz a risposta multipla di logica (sì, proprio la tanto odiata logica), esercizi e-tray o colloqui video online a distanza. Le prove sono tutte informatizzate e decentrate e le procedure continue e ricorrenti.
L’obiettivo essenziale dei test dell’EPSO non è semplicemente quello di ridurre il numero di candidati, bensì di misurare le abilità di ragionamento e le competenze dei futuri funzionari dell’UE. Alcuni studi scientifici consolidati hanno dimostrato come questi test abbiano un maggior valore predittivo delle prestazioni lavorative future rispetto alle prove basate esclusivamente sulle conoscenze. Nonostante ai candidati di uno stesso concorso siano somministrate domande tutte diverse, il livello di difficoltà dei singoli test presentati a ciascun candidato è lo stesso, e garantisce pertanto la parità di trattamento.
Il disastro dei 2800 tecnici per il Sud
Dunque, in ambito internazionale per valutare le competenze dei candidati si fa largo ricorso ai test di ragionamento: sono in parte diversi da quelli a cui noi siamo abituati e sono destinati a valutare le softskill e le capacità di problem solving, e non le abilità di calcolo matematico. Nelle recenti procedure concorsuali, invece, è venuta meno questa tipologia di quiz (rimasta solo nei concorsi di impostazione più vecchia), e si è puntato tutto sull’accertamento delle conoscenze, ossia su prove con quiz a risposta multipla su materie esclusivamente giuridiche e tecniche.
Accorciando i tempi di selezione (“concorsi in 100 giorni”, ricordate questo slogan?), il tempo per consolidare le “conoscenze” per affrontare le prove a quiz, viene meno, e ciò finisce per penalizzare proprio i candidati più “competenti” o con una capacità di ragionamento più analitica che non hanno più il tempo per studiare o ripassare gli argomenti.
Si è arrivati così a risultati aberranti: gli 8000 ammessi alla prova scritta del concorso pilota dei 2800 tecnici per il Sud (quelli più “meritevoli” perché con più titoli) sono stati quasi tutti bocciati (i dati sono ancora riservati): a loro sono stati somministrati quiz giuridici di natura nozionistica, incapaci per definizione, di valutare le competenze su cui in teoria avrebbero dovuto essere forti.
Il disastro è stato tale che il Dipartimento della Funzione pubblica, cambiando velocemente le carte in tavola, ha riammesso alla prova a quiz tutti i candidati che erano stati esclusi dalla preselezione per titoli.
Il risultato? Hanno bocciato tutti (o quasi tutti) i più “titolati” con una prova a quiz mal fatta, e ora si troveranno ad assumere i “meno titolati” scelti proprio tra i concorsisti di mestiere e con capacità mnemoniche più consone alla memorizzazione di commi e codicilli, che tanta avversione avevano suscitato nel Ministro (mi perdoni chi si dovesse sentire offeso da queste definizioni: non sono di chi scrive ma di chi ha promosso il concorso).
Che poi che cosa ci sarebbe di male a fare il concorsista di mestiere, non l’ho ancora capito.
Come si fa a selezionare i più preparati
Al Comune di Roma poi le cose sono andate persino peggio. Collezionare il 98% di bocciati è davvero una percentuale altissima, molto più alta delle percentuali di bocciati nelle normali procedure preselettive di qualche anno fa. Perché questa carneficina?
Per ridurre il numero di candidati senza penalizzare i più preparati esistono delle tecniche docimologiche che in questi giorni sembrano essere del tutto sconosciute.
Ad esempio batterie con pochi test e poco tempo a disposizione (in media nei concorsi più recenti sono 50/60 quiz cui rispondere in 60 minuti) penalizzano chi ha una preparazione più vasta e meno settoriale, chi magari si fa prendere dall’ansia o semplicemente non ha il coraggio di rispondere a casaccio alle domande (come i più temerari spesso fanno).
Per poter valutare bene un candidato, molte organizzazioni ricorrono allora a questionari con più quiz e più tempo a disposizione (vedi i test di ingresso di medicina): in questo modo nessuno probabilmente riesce a rispondere correttamente a tutti i quiz, ma i più preparati hanno più chance di rispondere in maniera meditata a un maggior numero di domande, rispetto a quelli meno preparati.
Se poi i quiz presentati sono di questo tenore:
“Quale tra i seguenti reati è stato abrogato dalla l. 205/1999?
- Oltraggio a un pubblico ufficiale
- Oltraggio a pubblico ufficiale
- Oltraggio a un magistrato in udienza”
ci si chiede come sia possibile che un candidato (anche molto preparato in diritto penale) possa distinguere tra la risposta a) e b), quella esatta.
Per completezza di informazione, il quiz è tra quelli somministrati durante il concorso al Comune di Roma, la risposta esatta è la a) – quella con l’articolo “un” dentro – e il reato abrogato nel 1999, poi in realtà abrogato non è perché reintrodotto nel 2009.
Insomma…un gran casino e un pessimo quiz.
E poi siamo sicuri che chi ha risposto in maniera sbagliata a questo quiz, così come ai tanti simili, sia poi davvero così ciuccio da dover essere scartato? O si rischia di penalizzare chi magari ha studiato più a fondo un argomento, rispetto a chi ha risposto in maniera del tutto casuale a quel quesito?
A proposito, ricordiamo che al concorso al Comune di Roma le alternative sono solo tre.
E meno sono le risposte alternative di un quiz, più alta è la probabilità che si azzecchi la risposta esatta a casaccio.
Il paradosso della prova unica
Secondo la famigerata riforma Brunetta, concretizzata con l’art.10 del D.L. 44/2021, d’ora in poi, per sveltire i concorsi, le prove saranno solo due: una prova scritta a quiz e una orale. La prova scritta a quiz diventa quindi la prova destinata a falcidiare i candidati. E ci può stare.
L’unica osservazione critica però è che non si può accorpare in un’unica prova le materie che prima erano spalmate su più prove, aumentando a dismisura gli argomenti da studiare e riducendo pure i tempi per studiarli (i famosi concorsi in 100 giorni).
Così facendo non si fa altro che fare un calderone in cui confluiscono decine di materie su cui bisognerebbe avere – secondo questi standard – una preparazione immensa. Benché sia corretto ridurre il numero delle prove per velocizzare i concorsi (alcuni in passato prevedevano fino a 5 o 6 prove diverse), l’eccesso in un senso o nell’altro non paga mai.
È evidente allora che le Amministrazioni sono in preda al caos, caos che sta gettando nello sconforto centinaia di migliaia di potenziali candidati, che pur studiando da inizio pandemia, dopo aver investito soldi e tempo sui libri, si sono visti stravolgere le modalità dei concorsi, ridurre le possibilità di accedervi e trasformare le prove concorsuali in una lotteria.
Ci sembra che il sistema concorsuale appena riformato vada riformato di nuovo. E anche presto.
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