Come scegliere un buon dominus Figura dal sapore arcaico, colui che dovrebbe fare strada al praticante nel mondo dell'avvocatura

 

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Come scegliere un buon dominus

3 min di lettura

Come scegliere un buon dominus? Il dominus, questa figura dal sapore arcaico che dovrebbe guidare e condurre il praticante avvocato attraverso le impervie strade dell’avvocatura.

Un compito che se posto in essere con diligenza e rispetto, potrebbe rendere il dominus stesso un vero maestro, un punto di riferimento ed una fonte d’ispirazione.

Non sempre, però, il dominus è un maestro. Ecco alcuni consigli su come scegliere un buon dominus. Quali sono, dunque, le caratteristiche del buon dominus?

Studio

Il buon dominus è colui che coinvolge il praticante nello studio dei fascicoli e delle questioni giuridiche sottese, nell’individuazione delle strategie processuali e nel modo di approcciarsi alla risoluzione dei casi, insegnando al praticante a “pensare da avvocato”. Apprezzabile è anche l’insegnamento del rapporto con il cliente, come gestirlo e come rapportarsi ad esso.

Atti

Scegliere un dominus che coinvolge il proprio praticante nella redazione degli atti, che si mostri paziente nella correzione e che imponga di riscrivere l’atto ogni volta che il proprio allievo commette un errore. E’ da apprezzare quella tipologia di dominus che mette, fin dal primo giorno, il praticante di fronte ad un atto lanciandolo materialmente nella materia. Spesso non c’è modo migliore per imparare.

Udienze

Un buon dominus è quello che rende il praticante parte attiva delle udienze, coinvolgendolo, spiegando cosa sta accadendo in udienza e facendogli visualizzare consapevolmente e concretamente ciò che fino a quel momento aveva solo appreso dai libri. Inoltre, il buon dominus è colui che progressivamente lascia il proprio allievo muovere i primi passi in udienza in autonomia affinché possa toccare con mano la vita delle aule di giustizia.

Segreteria

Scegliere un dominus che non sovrapponga la pratica forense alle attività di segreteria. Evitare studi legali nei quali i praticanti vengono prevalentemente impiegati in attività che esulano totalmente dalla pratica forense.

Nei piccoli studi legali potrebbe capitare che ai praticanti venga chiesto di occuparsi anche di piccole incombenze di segreteria. Questo va bene, o meglio, potrebbe considerarsi “accettabile” purché costituisca solo una minima parte dei compiti complessivamente attribuiti al praticante.

Cancelleria

Il dominus deve anche insegnare al giovane praticante come muoversi tra le cancellerie e come gestire il rapporto con il personale che vi lavora, nonché deve insegnargli ad affrontare gli innumerevoli imprevisti e difficoltà che potrebbero sorgere nel corso delle attività svolte a tutela dei propri assistiti.

Questa attività di cancelleria potrebbe sembrare un compito di poco valore ma in realtà, una volta avvocati, sarà un sapere preziosissimo e che sarà di grande aiuto nella quotidianità lavorativa.

 

Educazione

Il dominus per essere un vero maestro deve prima essere una persona educata e rispettosa nei confronti (anche) del praticante. Questi sono valori imprescindibili in ogni relazione, sia personale che professionale. Non va mai confusa la severità del dominus, l’autorità con cui può rimproverare il praticante per un errore (a fin di bene), con la maleducazione.

Il dominus potrebbe anche rimproverare duramente il proprio allievo ma sempre nel rispetto della dignità e nei limiti dell’educazione.

Retribuzione

La retribuzione del praticante è quasi sempre un taboo, un argomento spinoso e conflittuale. Il dominus dovrebbe sempre riconoscere il valore dell’attività svolta dal praticante, a cui va corrisposta una retribuzione, che sia almeno un rimborso spese.

Sebbene questa sia una prassi dilagante e diffusa, il praticante avvocato dopo i primi sei mesi di pratica ha diritto ad una retribuzione. Lavorare “gratis” non fa bene all’umore, non fa bene alla tenuta psicologica e lede la dignità del praticante stesso.

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