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L‘art. 37 del codice deontologico disciplina il divieto di accaparramento della clientela. Di cosa si tratta e perché è una condotta vietata per gli avvocati?
L’art. 37 codice deontologico
Il codice deontologico disciplina il divieto di accaparramento della clientela all’art. 37, il quale prevede che:
1. L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro.
2. L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi professionali.
3. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi.
4. E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
5. E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per uno specifico affare.
6. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Ad esempio, l’avvocato che curi una rubrica giornalistica non può indicare in calce alla stessa i recapiti del proprio studio per l’invio diretto della corrispondenza, in quanto ciò costituisce potenziale strumento di accaparramento della clientela e deve perciò considerarsi strumento non conforme alla dignità e al decoro propri di ogni pubblica manifestazione dell’avvocato (Cnf 83/2014).
Avvocato a domicilio
L’avvocato a domicilio rappresenta quella figura di professionista che offra le proprie prestazioni professionali, direttamente o per interposta persona, direttamente al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
L’accaparramento di clientela costituisce di per sé, a prescindere da uno specifico comportamento doloso, un atto di concorrenza sleale (e, di conseguenza, un illecito disciplinare). rappresentando un mezzo di pubblicità e di richiamo idoneo a porre in essere una condotta disdicevole (Cass. 7274/2008).
Esempi di concorrenza sleale
A titolo di esempio, viola il divieto di accaparramento di clientela l’avvocato che stabilisca un recapito professionale presso un’agenzia di infortunistica stradale, restando irrilevante il raggiungimento o meno dello scopo attraverso l’acquisizione di clienti (Cass. S.U. 309/2005).
Allo stesso modo, viola il divieto l’avvocato presso il cui studio legale sia ubicata un’associazione di categoria, così ponendo in essere le condizioni di potenziale accaparramento di clientela, indipendentemente dalla circostanza dell’effettivo raggiungimento di concreti vantaggi economici (Cnf29/2016).
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