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Concorsi per titoli e riforma Brunetta: cosa ne pensa la Corte costituzionale? La Riforma Brunetta sui concorsi pubblici è stata accolta con disappunto da centinaia di migliaia di candidati che contestano, in particolare, anche aggregandosi in comitati e formulando proposte di emendamenti, che l’accesso alle relative procedure debba avvenire per titoli.
Le proteste sul web sui concorsi per titoli
L’hashtag ormai diffuso sui social che sintetizza il messaggio dei giovani è #ugualiallapartenza i cui fautori ritengono che non è possibile avallare un sistema che crei inevitabilmente disparità di trattamento nell’accesso al pubblico impiego, che sia costruito esclusivamente in base alla formazione del candidato. Ad avviso dei protestanti, la Riforma Brunetta sembra irrimediabilmente penalizzare coloro che hanno investito anni in studio e sacrifici per potere superare i concorsi, e che adesso vedono cambiare le ‘regole del gioco’ in corso d’opera, anche per i concorsi già banditi, le cui prove non sono ancora state espletate.
Dall’altro lato, si fa presente l’esigenza che vangano sbloccate le numerose procedure concorsuali, e quella di poter assumere risorse nella maniera più veloce possibile, visti i numerosi pensionamenti in atto da anni nella pubblica amministrazione.
Quali sono le disposizioni costituzionali che regolano l’accesso al pubblico impiego e che orientamenti ha assunto il Giudice delle leggi in occasione della prospettazione di violazione di questi principi?
Il quadro costituzionale di riferimento
Tra i principali articoli della Costituzione relativi ai concorsi pubblici rientra senz’altro l’art. 97 Cost che stabilisce quanto segue.
Art. 97, co. 2: I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione;
Art. 97, co. 4: Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.
Da una lettura sistematica delle disposizioni citate emerge che:
- nella materia dei concorsi pubblici c’è una riserva assoluta di legge;
- si può derogare alla regola costituzionale del concorso in casi espressamente previsti dalla legge;
- le selezioni debbono, in ogni caso, assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione;
- vengano garantite dalla legge condizioni di eguaglianza nella possibilità di accedere agli uffici pubblici.
Le decisioni della Corte costituzionale sui concorsi per titoli
Secondo l’interpretazione data dalla Corte su queste norme, la previsioni di un concorso ‘riservato’ (ad esempio: solo a coloro che siano in possesso di certi titoli o abbiano maturato una certa esperienza), in luogo di un concorso ‘aperto’, deve essere una deroga non arbitraria o irragionevole al principio dettato dall’art. 97 della Costituzione; l’esercizio, sul punto, di una ‘discrezionalità’ trova il limite nella necessità di garantire il buona andamento della pubblica amministrazione (sent. n. 313 del 1994).
Ancora, la Corte costituzionale, in materia di accesso al pubblico impiego, afferma che la regola del pubblico concorso, sebbene rappresenti il mezzo più idoneo ed imparziale per garantire la scelta dei soggetti più capaci e per assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione (sent. n. 453 del 1990), può essere derogata “in presenza di peculiari situazioni giustificatrici”, adottando criteri diversi, sempre però garantendo il buon andamento della pubblica amministrazione.
In particolare la Corte ha riconosciuto che l’accesso al concorso possa essere condizionato al possesso di requisiti fissati in base alla legge, anche allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell’ambito dell’amministrazione, ma ciò “fino al limite oltre il quale possa dirsi che l’assunzione nell’amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio, escluda o irragionevolmente riduca, le possibilità di accesso, per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere “pubblico” del concorso, secondo quanto prescritto in via normale, a tutela anche dell’interesse pubblico, dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione” (sent. n. 141 del 1999).”
Ancora, con la sent. n. 34/2004 la Corte richiama propri precedenti e ribadisce di riconoscere nel concorso pubblico (art. 97 Cost.) la forma generale e ordinaria i reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell’amministrazione; ritiene che possa derogarsi a tale regola solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici (…) il cui vaglio di costituzionalità non può che passare attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore.
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