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Digitale, concorsi e nuove competenze: le sfide per una “nuova” pubblica amministrazione. E se la pubblica amministrazione fosse, adesso, il vero motore del cambiamento di un Paese storicamente connotato da un apparato burocratico pesante, da procedure farraginose e da rapporti complicati con cittadini e imprese?
Se è vero che, come diceva Einstein, i momenti di crisi possono essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché “è proprio la crisi a portare progresso”, allora questo potrebbe essere il momento giusto per reimpostare dai cardini una nuova P.A., capace di creare valore pubblico per il rilancio della competitività del sistema Paese.
La pubblica amministrazione tra vecchie criticità e nuovi scenari
L’esperienza emergenziale provocata dalla pandemia di Covid-19, se, da un lato, ha fatto riemergere alcune tra le eterne criticità nell’ambito dell’organizzazione e dell’azione della pubblica amministrazione, dall’altro lato ha, tuttavia, paradossalmente accelerato una serie di cambiamenti auspicati da anni e avviatisi, poi, nell’arco di due mesi: dalla decisa incentivazione allo smart working come modalità di svolgimento della prestazione lavorativa al massiccio ricorso alle infrastrutture informatiche e agli strumenti digitali nei rapporti da remoto tra uffici e utenza; dallo snellimento delle procedure contrattuali di cui al Codice degli appalti per venire incontro alle impellenze sanitarie alla presa di coscienza del ruolo – fondamentale – degli operatori di un sistema sanitario nazionale su cui negli anni si era, sempre più spesso, abbattuta la scure della spending review.
Ma questi sono solo alcuni spunti di riflessione: la verità è che le pubbliche amministrazioni non potranno non uscire profondamente cambiate al termine di questa crisi. Perché la scuola dovrà riaprire i suoi battenti, i concorsi pubblici dovranno ripartire, gli uffici dovranno ripopolarsi e tutto il sistema dovrà, in qualche modo, riaccendere pian piano i suoi motori.
I pilastri della rinnovata P.A.: digitale e ingresso di nuove professionalità
Le nuove fondamenta, pertanto, dovranno essere, in primo luogo, il digitale e l’erogazione di servizi all’utenza in modalità telematica, accessibili a tutti e bilanciati con le esigenze di tutela della privacy di chi ne fruisce.
In secondo luogo, occorrerà certamente ripensare ad un sistema dei contratti pubblici più rapido e più semplice nei relativi adempimenti.
Ma una nuova P.A. dovrà necessariamente poggiare – e questo forse è l’aspetto più rilevante perché capace di unificare tutte le esigenze appena descritte – su nuove e più specifiche competenze: se le risorse umane sono il cuore di ogni organizzazione, ecco che allora diventa imprescindibile l’ingresso nelle strutture pubbliche di nuove professionalità, in uno con una più adeguata formazione degli attuali dipendenti. Si tratta di una direzione che avevano, in realtà, già preso i concorsi e le politiche occupazionali del pubblico impiego che, dopo le riforme normative degli ultimi anni e le procedure di turn over, avevano posto l’accento sulla necessità di nuovi profili, attinenti soprattutto (ma non solo) alle aree della comunicazione e del digitale.
La centralità delle persone
Questa grave crisi sanitaria, quindi, tra le tante cose, comporta innumerevoli riflessi anche in termini di cambiamento di mentalità e di ridefinizione degli obiettivi del settore pubblico: non vi potrà essere una vera “ristrutturazione” dell’apparato pubblico senza la consapevolezza della centralità della “persona”, per una pubblica amministrazione all’altezza delle sfide che la attendono.
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