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La Legge del 20 maggio 1970, n. 300, altrimenti conosciuta come Statuto dei Lavoratori, compie 50 anni. La portata innovativa e la solidità normativa dello Statuto sono ormai fuori discussione, soprattutto dal momento che molte delle leggi speciali in materia si rifanno proprio allo Statuto che sembra costituire quasi lo scheletro dell’ordinamento giuridico lavoristico italiano.
Al cinquantesimo anniversario dall’entrata in vigore dello Statuto dei lavoratori, proviamo a ripercorrere brevemente le tappe storiche che hanno contrassegnato questo importante tassello per le tutele sul lavoro e ad esaminare brevemente le prospettive future.
Statuto dei lavoratori: 50 anni di tutele
Lo Statuto nasce grazie all’opera di Giacomo Brodolini, Ministro del lavoro e della previdenza sociale dell’epoca scomparso poi prematuramente l’anno prima del varo della legge. A seguire le vicende dello Statuto furono Gino Giugni (socialista e docente universitario) e Carlo Donat Cattin, democristiano, i quali diedero la luce a quello che diventerà poi il punto di riferimento principale per le più importanti riforme sul lavoro.
“LO STATUTO DEI LAVORATORI È LEGGE” (titolo de l’Avanti!, 22 maggio 1970)
Lo Statuto dei lavoratori costituisce la fonte normativa più importante, dopo la Costituzione, in materia di libertà e attività sindacale. Attraverso lo Statuto, il legislatore ha inteso perseguire due obiettivi di fondo:
- tutelare la libertà e dignità del prestatore, entrambi esposti a pericolo di pregiudizio, data la posizione subordinata che il lavoratore assume nell’ambito dell’organizzazione aziendale;
- sostenere la presenza del sindacato sui luoghi di lavoro, ritenendo tale presenza la migliore garanzia concreta dell’effettivo rispetto della personalità del lavoratore.
La libertà sindacale nello Statuto
Centrale risulta il rispetto della libertà sindacale tra le righe della legge. Infatti, se da un lato lo Statuto garantisce il rispetto della libertà sindacale, riconosciuta in linea di principio dall’art. 39 Cost., nell’ambito dei singoli luoghi di lavoro (Titolo II), dall’altro vengono previste vere e proprie misure di sostegno dell’attività sindacale (Titolo III).
Il legislatore cioè non si è limitato a sancire il principio della libertà dell’azione sindacale, ma ha inteso riconoscere al sindacato dei veri e propri diritti soggettivi nei confronti dell’imprenditore, il cui rispetto è garantito dalla speciale procedura di cui all’art. 28 che reprime la cd. condotta antisindacale del datore di lavoro. Le conquiste sindacali raggiunte con l’emanazione dello Statuto sono state una vera e propria chiave di volta che ha permesso di animare il sano dibattito alla base dello sviluppo delle relazioni di lavoro in aziende e fabbriche.
Le norme più importanti dello Statuto
Tra le norme più importanti dello Statuto ricordiamo:
— l’art. 1 che garantisce la libertà di opinione politica, religiosa etc., tutelando il lavoratore da eventuali discriminazioni dovute a ragioni ideologiche;
— l’art. 5 che disciplina le modalità di svolgimento degli accertamenti sanitari sul lavoratore;
— l’art. 7 relativo all’esercizio del potere disciplinare;
— l’art. 8 che vieta ogni indagine sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore;
— l’art. 9 che garantisce e tutela la salute e l’integrità fisica dei lavoratori
Proprio l’art. 1 diventa uno dei capisaldi dell’intero ordinamento lavoristico. Il contesto storico in cui viene emanato lo Statuto è decisamente difficile. Non a caso, nel secondo dopoguerra si verificarono numerosi casi di licenziamento di operai che conducevano attività politica parallela alla vita aziendale. Proprio per arginare il fenomeno ed evitare licenziamenti di massa da parte di aziende e fabbriche che non gradivano l’attivismo politico da parte dei lavoratori, intervenne lo Statuto garantendo la libertà politica e religiosa nello svolgimento delle attività.
Le prospettive future
Il dibattito legislativo e dottrinale sullo Statuto continua ad essere acceso. Se è vero che lo Statuto si è dimostrato essere una solida base normativa per uno sviluppo consapevole delle (spesso arretrate) normative di lavoro, è anche vero che è necessario fronteggiare nuove situazioni non prevedibili all’epoca del varo della legge. Basti pensare alla costellazione sindacale di contratti collettivi, sempre più frammentati e frequenti, oppure alla necessità di rivisitare alcuni dei punti più controversi della legge in questione, uno tra tanti l’art. 18 relativo alla tutela reintegratoria in ambito di licenziamenti illegittimi, già profondamente ritoccata dalla cd. legge Fornero e poi “superata” dalla disciplina del Jobs Act.
Inoltre, come se non bastasse, è sempre più accentuata l’integrazione con altri normative speciali di settore e non soltanto a sfondo lavoristico, come ad esempio il Regolamento UE 2016/679 (GDPR) in tema di protezione di dati personali, fondamentale nella risoluzione delle questioni sorte con la pandemia da Covid-19 sui dati sensibili dei lavoratori, come la temperatura minima per l’accesso ai locali di lavoro.
Si ringraziano per la collaborazione Carla Buffolano, Alessandra Marano e Lucia Nacciarone.
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