Lo stato di emergenza che il Covid-19, il virus che colpisce l’apparato respiratorio umano, diffuso dalla Cina in una pandemia che non ha risparmiato nessun continente, ha determinato una nuova era costituzionale non solo in Italia ma nel mondo intero.
Il presupposto per questo mutamento costituzionale è stata la dichiarazione del 30 gennaio 2020 da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità dello stato di emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale. L’Italia, da parte sua, con Delibera del Consiglio dei Ministri, 31 gennaio 2020, dichiarava lo stato di emergenza di rilievo nazionale in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, ex art. 7.1, lett. c), d.lgs. 1/2018, Codice della Protezione civile.
Le conseguenze, com’è noto, oltre alla chiusura di tutti i luoghi di aggregazione (scuole, università, negozi, parchi, cinema, palestre etc.), sono state gli “arresti domiciliari” per tutti i cittadini con la possibilità di uscire di casa solo per «comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di salute, rientro presso il proprio domicilio, abitazione, residenza», autocertificando di non essere sottoposti alla misura della quarantena e di non essere risultati positivi al virus Covid-19. A garanzia di tali prescrizioni sono state previste l’applicazione di sanzioni penali: art. 650 c.p. (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità), salvo che il fatto non costituisca più grave reato.
I poteri del Governo nello stato di necessità
Nonostante il Covid-19 abbia messo a dura prova il nostro sistema sanitario e la già difficile situazione economica, molti si sono interrogati sulla legittimità costituzionale delle misure adottate dal Governo che hanno inciso in modo radicale sulle libertà di ciascun individuo.
La Costituzione italiana prevede la limitazione della libertà di circolazione e di riunione per motivi di sanità, sicurezza o incolumità pubblica, ma nulla dice sugli strumenti e i modi per far fronte a tale evenienza: l’art. 16 Cost. stabilisce che sia la legge in via generale a porre limiti alla libertà di circolazione, mentre l’art. 17 Cost. prevede che l’autorità possa vietarle. In tal modo, è il Governo che dovrà/potrà adottare i provvedimenti indispensabili per fronteggiare l’emergenza.
Il Governo Conte, infatti, non solo ha emanato una serie di decreti legge (che, ricordiamolo, hanno forza di legge) per far fronte alla necessità e all’urgenza del momento, ma ha definito le specifiche norme di attuazione mediante decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), atti che non richiedono la partecipazione né del Presidente della Repubblica, che non li emana, né del Parlamento, che non li converte. Pertanto, il Presidente del Consiglio si è assunto una responsabilità politica per così dire “non condivisa” relativamente ai diritti fondamentali del cittadino. Al di là delle considerazioni piuttosto critiche che la dottrina ha manifestato sul punto, può sostenersi che tale potere extra ordinem si legittima per via di necessità. In altre parole, lo stato di necessità permette la cd. sospensione della Costituzione e, conseguentemente, delle libertà che essa proclama.
La sospensione della Costituzione
La sospensione della Costituzione si determina quando l’efficacia di alcune sue norme viene temporaneamente sospesa.
Come sottolineato da DE VERGOTTINI, la sospensione costituzionale è legata alla esigenza di apprestare un ordinamento particolarmente efficiente al verificarsi di situazioni considerate eccezionali. Quindi la sospensione apre la via alla instaurazione di un ordinamento di eccezione rispetto alla normalità costituzionale (variamente definito: «stato di guerra» per le crisi internazionali; «stato di assedio» e simili qualificazioni per le crisi interne). Con questo rilievo si comprende come il concetto di sospensione della Costituzione e quello ad esso connesso di ordinamento di eccezione siano legati alla presenza di ordinamenti che normalmente consentono la separazione dei poteri e la garanzia delle autonomie individuali e collettive.
La sospensione della Costituzione può essere prevista e regolata, nei limiti del possibile, dagli stessi testi costituzionali, ma in ogni caso è giustificata solo dalla necessità temporanea di difendere l’assetto costituzionale in situazioni straordinarie di crisi.
È questa l’applicazione del principio giacobino di difesa della «salute pubblica» come fattore di «rassemblement» (adunata collettiva), utilizzato anche al fine di limitare (temporaneamente) i diritti e le libertà dei cittadini, come per esempio l’imposizione del «coprifuoco» in tempo di guerra (BARBERA).
D’altra parte, la temporanea «sospensione» delle regole ordinarie e delle garanzie costituzionali rappresenta un momento di estremo pericolo per l’ordinamento in quanto l’inevitabile concentrazione di potere che essa produce può costituire la premessa per una sovversione in senso autoritario dell’ordine costituito. Basti pensare a quanto avvenuto in Germania: il decreto per la protezione del popolo e dello Stato emanato nel 1933 spianò la strada alla dittatura nazista.
Alcune conclusioni
Il verificarsi di situazioni emergenziali, che mettono in serio pericolo la collettività statale, richiede una risposta delle istituzioni immediata, aggettivo che etimologicamente significa “senza mediazione” e che giuridicamente rimanda all’assenza di intervento dell’organo deputato a dettare le regole riguardanti i diritti e le libertà dei cittadini: il Parlamento. L’idea che decida un organo monocratico, in luogo di un organo collegiale che assicura la democrazia ma che è attendista, irrisoluto e incapace di fronteggiare l’eccezione, costituisce una convinzione acquisita in pressoché tutte le costituzioni democratiche. In Francia, ad esempio, l’art. 16 della Costituzione concede al Presidente della Repubblica il potere di adottare le misure richieste dalle circostanze in un contesto di crisi e/o emergenza. La formula generica è stata criticata aspramente dalla dottrina francese (RIVERO, WALINE, CHANTEBOUT), giacché il Presidente della Repubblica francese diventerebbe un «dittatore nel senso romano del termine», in quanto l’emergenza gli consente di concentrare in sé tutti i poteri che ritiene necessari.
In conclusione, la scelta dell’ordinamento di affidare la gestione di uno “stato di eccezione”, che comporta l’affievolimento di alcune garanzie costituzionali, ad un uomo solo, appare rischioso. Per questo motivo le Costituzioni contemporanee tendono a razionalizzare gli stati di emergenza, definendone con esattezza i presupposti, individuando i soggetti legittimati ad agire e disciplinandone le modalità di esercizio dei poteri (i cd. poteri di riserva). Infine, resta la categoria temporale a confortarci: non appena finirà l’emergenza, ritorneremo alla normalità, anche costituzionale.
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