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Il sistema della responsabilità sanitaria è stato profondamente rivoluzionato dalla legge Gelli-Bianco del 2017 che ha modificato la disciplina della legge Balduzzi del 2012.Il fulcro del sistema consiste nell’accertamento della condotta colposa, sia civile che penale, tenuta dal personale esercente la professione sanitaria, durante lo svolgimento delle attività collegate all’erogazione delle prestazioni, dalla quale può derivare un danno all’assistito.
Sicurezza delle cure e rischio clinico
Il principio di base si legge subito nell’apertura del provvedimento: “La sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività” (art. 1 L. 24/2017).
Il “bene” salute si persegue, infatti, anche ricorrendo all’uso appropriato delle risorse, strumentali e organizzative, e alle attività di gestione e prevenzione del rischio collegato alle prestazioni sanitarie, attività attuate dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie, sia pubbliche che private, cui partecipa tutto il personale sanitario.
Con la legge Gelli, la prospettiva è spostata verso una gestione del rischio clinico che possa consentire di evitare il più possibile il ricorso alla Giustizia, se non in ultima analisi, concentrando la responsabilità in capo alle strutture, chiamate a rispondere dei casi di malpractice sanitaria, in quanto titolari del potere di governo del rischio clinico.
Assicurazione obbligatoria e azione di rivalsa
La responsabilità sanitaria viene ridisegnata in una visione di sistema che la renda economicamente sostenibile, riequilibrando gli interessi contrapposti (professionisti/personale sanitario e pazienti danneggiati), attraverso la previsione di un’assicurazione civile obbligatoria, per professionisti e strutture, che consenta ai danneggiati l’azione diretta contro le società assicuratrici e della successiva azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti del professionista sanitario, nei casi di dolo o colpa grave, entro un anno dal pagamento.
Responsabilità civile e penale
La responsabilità civile si sdoppia: contrattuale per la struttura sanitaria, extracontrattuale per l’esercente la professione sanitaria.
La struttura sanitaria, infatti, pubblica o privata, risponde delle condotte, colpose e dolose del personale sanitario in base al contratto sottoscritto dalla struttura con il paziente, che prevede l’esatto adempimento della prestazione: è la struttura sanitaria a dover fornire la prova di aver bene operato, nel termine di dieci anni.
La responsabilità è extracontrattuale per il professionista che, non sussistendo alcun contratto con il paziente, risponde in base all’articolo 2043 del codice civile per aver posto in essere un fatto illecito: in tal caso è il paziente a doverlo dimostrare, nel termine di prescrizione di cinque anni.
Il giudice terrà conto, per quantificare il danno, del rispetto delle raccomandazioni delle linee guida e delle buone pratiche assistenziali.
Per la responsabilità penale, la legge Gelli, inoltre, introducendo un nuovo articolo nel codice penale (articolo 590sexies) stabilisce che nelle ipotesi di omicidio colposo e di lesioni personali colpose verificatesi in ambito sanitario, si applicano le pene previste dal codice solo in caso di condotta colposa negligente o imprudente del medico, anche di lieve entità.
Se invece l’evento si è verificato a causa di imperizia, cioè per scarsa competenza, la punibilità è esclusa, indipendentemente dalla gravità della condotta, purché risultino rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida adeguate al caso o, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali.
In direzione diversa è da sottolineare la pronuncia della Corte di Cassazione (sent. 412/2019, IV sez. penale) che ribadisce che è ancora attuale e valida la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia per definire l’area di non responsabilità del professionista, come già aveva fatto la legge Balduzzi del 2012, escludendo la rilevanza penale della colpa lieve delle condotte.
Linee guida e buone pratiche
Nel giudizio per accertare la responsabilità, dunque, un ruolo determinante viene attribuito alle raccomandazioni contenute nelle linee guida e alle buone pratiche (good practice) clinico-assistenziali, quali strumento di indirizzo per il professionista sanitario a tutela del paziente durante l’erogazione delle prestazioni.
Si tratta di documenti di alto valore scientifico, elaborati da enti e società scientifiche e integrate nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG), istituito dal Ministero della salute; in mancanza, i professionisti sono tenuti ad attenersi alle buone pratiche clinico-assistenziali, esperienze virtuose, anch’esse documentate, che rappresentano un supporto scientifico laddove gli argomenti e le questioni sanitarie non siano coperte da apposite linee guida.
In base alla legge Gelli, è stato anche istituito l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche (con D.M. 29-9-2017) sulla sicurezza nella sanità, con il compito di fornire indicazioni alle Regioni sulle modalità di sorveglianza del rischio sanitario, di individuare idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio, di monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure ed infine per la formazione e l’aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie.
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