Il d.lgs. 9-4-2003, n. 70, in attuazione della direttiva 2000/31/CE, disciplina gli aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, con particolare riferimento al commercio elettronico.
La nozione di servizi della società dell’informazione ricomprende i servizi prestati normalmente dietro retribuzione, a distanza, mediante attrezzature elettroniche di trattamento e di memorizzazione di dati ed a richiesta individuale di un destinatario di servizi; il provider è il soggetto che organizza l’offerta ai propri utenti dell’accesso alla rete internet e dei servizi connessi all’utilizzo di essa.
I servizi possono consistere nel semplice trasporto (mere conduit) oppure nella memorizzazione, temporanea (caching) o duratura (hosting), secondo quanto prevedono gli artt. 14, 15 e 16 del d.lgs. n. 70 del 2003, sulla scia degli artt. 12, 13, e 14 della Direttiva.
Alle diverse fattispecie di servizi corrispondono altrettante forme di responsabilità nella gestione dei dati.
La Cassazione, con una recente sentenza (n. 7708 del 19/03/2019), ha enucleato la figura dell’hosting provider attivo. Tale soggetto svolge un’attività che esula dal servizio di ordine meramente tecnico, automatico e passivo (quale la semplice memorizzazione di nomi di dominio o siti internet), in quanto pone in essere una condotta attiva, che consiste nel prestare assistenza al cliente (ad es., ottimizzare la presentazione delle offerte di vendita e promuoverle).
Pertanto, secondo la Cassazione e conformemente agli orientamenti euro-unitari, l’hosting provider attivo, concorre con il destinatario del servizio alla commissione dell’illecito e resta sottratto al regime generale di esenzione di cui all’articolo 16, d.lgs 70/2003, dovendo la sua responsabilità civile atteggiarsi secondo le regole comuni del concorso di responsabilità.
Quanto alla pubblicazione dei contenuti illeciti, secondo la Cassazione, sussiste la responsabilità dell’hosting provider quando ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
- che sia a conoscenza dell’illecito perpetrato dal destinatario del servizio, per averne avuto notizia dal titolare del diritto leso oppure aliunde;
- che l’illiceità dell’altrui condotta sia ragionevolmente constatabile, onde egli sia in colpa grave per non averla positivamente riscontrata, alla stregua del grado di diligenza che è ragionevole attendersi da un operatore professionale della rete in un determinato momento storico;
- che abbia la possibilità di attivarsi utilmente, in quanto reso edotto in modo sufficientemente specifico dei contenuti illecitamente immessi da rimuovere.
Con altra sentenza gemella (n. 7709 del 19/03/2019) la Cassazione si pronunciata sulla responsabilità per l’attività di caching, che sussiste in capo al prestatore dei servizi che non abbia provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti, pur essendogli ciò stato intimato dall’ordine proveniente da un’autorità amministrativa o giurisdizionale.
Se hai suggerimenti, commenti o correzioni da segnalare, scrivi a blog.simoneconcorsi@simone.it