Visto l’enorme dispendio di risorse legato alla miriade di concorsi banditi dalla P.A. per pochi posti di lavoro, uno dei decreti attuativi delle Riforma del Pubblico Impiego detta nuove norme che rivoluzionano il sistema. Attualmente ogni amministrazione bandisce il proprio concorso, per coprire anche un solo posto vacante, attirando decine di migliaia di candidati. Una pratica onerosa per lo Stato e faticosa per i concorsisti, che ovviamente partecipano a più di un concorso.
Il progetto è di accorpare i concorsi: per le amministrazioni centrali (INPS, Ministeri…) entro settembre il Ministero emanerà una direttiva con le linee guida per i concorsi unici, mentre nelle amministrazioni locali e regionali si dovrà trovare un’intesa.
Le esigenze dei vari uffici, basate sul fabbisogno triennale, saranno comunicate al Ministero, che le riunirà bandendo un unico concorso nazionale, come già avviene per i concorsi nella scuola o nel Ministero dei Beni Culturali. I vincitori saranno poi assorbiti dagli uffici che li hanno richiesti. La riforma prevede anche un 50% di posti riservati a coloro che abbiano prestato servizio per tre anni negli ultimi otto, con un contratto a termine o di collaborazione nella P.A.
Va sottolineato che tale fabbisogno sarà tarato sui profili effettivamente necessari, non solo per rimpiazzare chi va in pensione, con l’obiettivo di ottimizzare le risorse della P.A.
Per qualunque profilo sarà richiesta la conoscenza della lingua inglese e dell’informatica di base, ormai indispensabile per qualunque impiego.
Il primo concorso così concepito dovrebbe essere quello per Dirigenti nei Ministeri nel 2018, ma solo l’estensione a Regioni e Comuni determinerà la vera svolta.
Ma c’è anche un’altra importante novità: i test preselettivi di cultura generale o psico-attitudinali, criticati perché nozionistici e astratti, dovranno essere sostituiti con altri criteri di selezione.
Cosa di certo non facile, quando si tratta di selezionare una marea di candidati ed anche basarsi sui titoli può essere efficace per le posizioni più elevate, ma discriminatorio per quelle inferiori.
Un meccanismo efficace è stato adottato dall’Agenzia delle Entrate: assumere più candidati del necessario e poi selezionare sul campo i migliori.
In questo modo, anche quelli che non ottengono l’impiego conservano il vantaggio di aver svolto un utile tirocinio nella Pubblica Amministrazione.
Attendiamo, quindi, gli sviluppi di questa annunciata svolta epocale che, si spera, semplifichi e velocizzi l’accesso all’impiego pubblico.
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