I limiti dello ius postulandi del praticante avvocato sono stati ribaditi da una recente decisione della Corte di Cassazione. In particolare, con ordinanza n. 224 del 5 gennaio 2023, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha affrontato la questione.
Disciplina previgente
Lo ius postulandi del praticante avvocato a seguito della riforma forense con Legge n. 247/2012 risulta profondamente modificato rispetto alla disciplina previgente.
In precedenza, il praticante avvocato abilitato al patrocinio poteva patrocinare in proprio ed essere inserito nel mandato di difesa, sia pure con dei limiti non essendo ancora abilitato all’esercizio della professione forense. Ad oggi, invece, con la Legge professionale n. 247/2012, all’art. 41 è stata introdotta la figura del patrocinio sostitutivo, per cui il praticante abilitato non può più avere cause proprie ma può patrocinare esclusivamente in sostituzione del dominus.
La nuova legge professionale
La Legge professionale n. 247/2012, all’art. 41 comma 12 prevede quanto segue:
“Nel periodo di svolgimento del tirocinio il praticante avvocato, decorsi sei mesi dall’iscrizione nel registro dei praticanti, purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza, può esercitare attività professionale in sostituzione dell’avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso, anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo, in ambito civile di fronte al Tribunale e al Giudice di pace, e in ambito penale, nei procedimenti di competenza del Giudice di pace, in quelli per reati contravvenzionali e in quelli che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, rientravano nella competenza del pretore”.
Se ne può agevolmente dedurre che il praticante abilitato al patrocinio sostitutivo, non può più avere cause proprie né può essere inserito nel mandato difensivo, con una forte contrazione del suo ius postulandi.
Il praticante avvocato, a seguito del primo semestre di pratica legale, può esercitare l’attività professionale in sostituzione e sotto la responsabilità dell’avvocato presso cui svolge la pratica, con un ruolo sostanzialmente sostitutivo dell’avvocato.
I limiti dello ius postulandi
Lo ius postulandi del praticante avvocato comprende attività di consulenza e assistenza sia in sede giurisdizionale che in sede giudiziale, ma non può avere cause proprie, né vedere il proprio nome nel mandato difensivo. Il praticante abilitato agisce sempre sotto il controllo e la responsabilità del dominus.
In merito alla questione dei limiti territoriali può dirsi che, operando il praticante in sostituzione del dominus avvocato, il quale può svolgere l’attività professionale anche al di fuori del circondario e del distretto di appartenenza, tali limiti non possono applicarsi nemmeno al praticante abilitato che, quindi, non è soggetto a restrizioni territoriali.
I limiti dello ius postulandi del praticante avvocato sono stati ribaditi da una recente decisione della Corte di Cassazione. In particolare, con ordinanza n. 224 del 5 gennaio 2023, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha affrontato la questione dell’appello proposto dal legale che non ha ancora perfezionato la procedura di iscrizione nell’albo degli avvocati (avvenuta in una data successiva), quindi da un praticante avvocato che non può raccogliere né autenticare la procura alle liti per il grado di appello né poteva procedere alla notifica del gravame. La Corte ha concluso affermando che il praticante avvocato non è legittimato ad esercitare il patrocinio davanti al Tribunale in sede di appello neppure a seguito dell’entrata in vigore della l.n.247/2012.
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