Il presente lavoro riassume, con modifiche e aggiornamenti, la monografia di S. Pugliatti, “Il rapporto giuridico unisoggettivo”, in Studi in onore di Antonio Cicu, II, Milano, 1951.
La nozione comune di “rapporto giuridico” presuppone, come requisito essenziale, due situazioni giuridiche contrapposte, una attiva (credito) e una passiva (debito).
Da ciò si deduce, tradizionalmente, che:
a) l’eventuale pluralità di soggetti debba ridursi a questa dualità di posizioni, di modo che i soggetti del rapporto, qualunque sia il loro numero, si devono raccogliere in questi due gruppi, attivo e passivo. A questo proposito si possono ipotizzare tre schemi, oltre a quello del rapporto tra due soggetti: un soggetto attivo e più soggetti passivi, più soggetti attivi e un soggetto passivo e più soggetti attivi e più soggetti passivi.
b) non può costituirsi né restare in vita un rapporto giuridico con un unico soggetto. Le situazioni attiva e passiva sono, infatti, l’una il termine reciproco dell’altra e si sostengono a vicenda. Situazione attiva è quella del creditore, che presuppone quella passiva del debitore. Creditore equivale a titolare di una pretesa verso un debitore, e debitore significa vincolato alla pretesa di un creditore. Sembra, dunque, che creditore e debitore debbano essere necessariamente due soggetti distinti.
Occorre, pertanto, indagare se possa ipotizzarsi la coincidenza, nello stesso soggetto, della qualità di debitore e creditore, ossia se abbia senso il fatto che un determinato soggetto sia debitore e creditore di sé stesso.
Possiamo anche ammettere che, quando si accentra in un unico soggetto, il rapporto giuridico viene meno.
Tuttavia, consideriamo l’ipotesi di un rapporto giuridico nato con due soggetti che, ad un certo punto, diventi unisoggettivo, nel quale cioè le situazioni di debitore e creditore si unifichino nella medesima persona.
Si tratta dell’ipotesi tipica della confusione (artt. 1253-1255 c.c.), disciplinata come modo di estinzione delle obbligazioni: in caso di sopravvenuta coincidenza in un unico soggetto della qualità di debitore e creditore (o perché l’originario debitore diventi anche creditore o perché l’originario creditore diventi anche debitore), l’obbligazione si estingue.
Il fondamento dell’estinzione per confusione del rapporto obbligatorio è motivato ricorrendo alla regola secondo cui nessuno può essere debitore e creditore di sé stesso, oppure considerando gli effetti pratici del fenomeno, per cui è inutile tenere in vita un rapporto nel quale le due qualità di debitore e creditore si riassumono in capo alla stessa persona.
Secondo PUGLIATTI occorre stabilire se l’estinzione dell’obbligazione tocchi anche il rapporto giuridico nel quale l’obbligazione si inserisce: si tratta, cioè, di un processo estintivo che comporta direttamente lo scioglimento del vincolo, oppure soltanto di un mutamento strutturale del rapporto giuridico nel quale il vincolo si inquadra?
La confusione non estingue l’obbligazione direttamente ma solo indirettamente, poiché l’estinzione deriva dal mutamento strutturale del rapporto nel suo aspetto soggettivo (debitore e creditore si riuniscono in unico soggetto). Quando si parla di estinzione dell’obbligazione per confusione si indica, quindi, l’effetto finale di un fenomeno che riguarda direttamente il rapporto giuridico: la confusione estingue il rapporto per il venir meno della dualità dei soggetti e, di riflesso, estingue anche l’obbligazione. È, pertanto, una causa di trasformazione strutturale del rapporto che produce, di riflesso, lo scioglimento/estinzione del vincolo obbligatorio (o l’estinzione del
diritto di credito). Si deve, dunque, concludere, che è più corretto parlare di estinzione del rapporto obbligatorio dalla
quale deriva l’estinzione dell’obbligazione o la perdita del diritto di credito.
Sono tuttavia configurabili situazioni nelle quali è esclusa l’estinzione per confusione del rapporto
obbligatorio, ossia situazioni nelle quali, pur concentrandosi nel medesimo soggetto le qualità –
inizialmente distinte – di debitore e creditore, il rapporto resta in vita.
Viene in rilievo, in primo luogo, l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario (artt. 484
ss. c.c.).
L’art. 490, co. 2, c.c. indica l’effetto principale della separazione dei patrimoni che deriva
dall’accettazione con beneficio d’inventario: «l’erede conserva verso l’eredità tutti i diritti e gli
obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte».
Le qualità di debitore e creditore si concentrano nello stesso soggetto ma, nel contempo, si
esclude l’estinzione del rapporto. La mancata estinzione per confusione dei rapporti giuridici
correnti tra defunto e erede significa che gli stessi permangono in vita identici nel loro contenuto, pur
facendo capo a (diverse sfere patrimoniali di) un unico soggetto.
La permanenza dei rapporti giuridici che esistevano tra il defunto e l’erede è conseguenza della
separazione tra il patrimonio personale dell’erede e quello di provenienza ereditaria.
Al contrario di ciò che si verifica nell’accettazione pura e semplice, dove i rapporti giuridici correnti
tra defunto e erede si estinguono per confusione (art. 1253 c.c.), nel caso di accettazione beneficiata
la separazione dei patrimoni impedisce l’estinzione per confusione dei rapporti di debito-credito,
nonché l’operare delle norme di cui agli artt. 1014, n. 2 (estinzione dell’usufrutto per riunione con la
nuda proprietà nella stessa persona) e 1072 (estinzione della servitù per riunione nella stessa persona
della proprietà del fondo dominante e servente).
Il beneficio d’inventario evita le conseguenze della confusione ereditaria sia per quanto riguarda i
diritti reali parziali (ad es., l’erede che sia usufruttuario del bene del de cuius continua a godere dei
beni oggetto dell’usufrutto), sia per quanto riguarda i rapporti di debito-credito tra l’erede e il de
cuius, che restano quali erano (tranne quelli che, per loro natura, si sono estinti con la morte del de
cuius), per cui l’erede beneficiato può far valere i suoi diritti come un creditore estraneo; però,
nei rapporti obbligatori l’altro lato del rapporto fa capo ora alla stessa persona (l’erede) e si
parla, cosi, di rapporto unisoggettivo.
In ambito societario assume particolare rilevanza, per la ricostruzione dei rapporti giuridici
unisoggettivi, lo scioglimento delle società di persone. Per la società semplice, l’art. 2272, n. 4, c.c.
dispone che essa si scioglie quando venga a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi
non è ricostituita.
Se consideriamo l’ipotesi di società di persone, nella quale sia venuta meno la pluralità dei soci,
dobbiamo rilevare che, nel periodo transitorio in cui si può ricostituire tale pluralità, evitandosi così
lo scioglimento, tutti i rapporti giuridici nati dal contratto sociale e dall’attività della società
rimangono concentrati nell’unico soggetto che tiene in vita la società medesima, e non soltanto i
rapporti con i terzi ma anche i rapporti interni: l’unico socio, infatti, può essere debitore di un residuo
del conferimento a cui si è obbligato (art. 253 c.c.) e può essere creditore (o debitore) per una qualsiasi
operazione compiuta con la società.
Un’ipotesi assai interessante per la presente indagine è il contratto con sé stesso (art. 1395 c.c.), dove il rappresentante, al quale è stata conferita procura per acquistare un determinato bene, acquista in nome proprio quel bene.
Il rappresentante può concludere un contratto con sé stesso quando il rappresentato lo abbia specificamente autorizzato o il contenuto del contratto sia determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto di interessi. In tal caso il medesimo soggetto diventa punto di riferimento di due centri di interesse, agendo sia in nome e per conto del rappresentato, sia in nome e per conto proprio. Dunque, il rappresentante esprime, con un unico atto, le due volontà, entrambe necessarie per la formazione dell’accordo. È evidente l’incompatibilità della fattispecie con la nozione di contratto, ancorata al dogma della bilateralità delle volontà alla base del consenso.
Il prelegato (art. 661 c.c.) è un legato a favore di un coerede e a carico di tutta l’eredità. Il prelegatario ha diritto di ottenere il legato nella sua interezza prima della divisone ereditaria, fermo restando il suo diritto a conseguire anche la quota ereditaria.
Secondo autorevole dottrina il prelegato sarebbe, quindi, fonte di un rapporto unisoggettivo parziale, poiché il prelegato è un diritto che l’erede prelegatario vanta nei confronti dell’intera massa ereditaria di cui egli è contitolare: per la parte del prelegato, quindi, egli è anche creditore verso sé stesso.
Come ulteriore ipotesi di costituzione di un rapporto giuridico unisoggettivo è stata considerata quella del creditore ipotecario che si renda aggiudicatario del fondo ipotecato: egli diventa debitore a sé stesso di una parte del prezzo dovuto. La qualità di debitore del prezzo non gli è trasmessa da altri, ma sorge in lui dal fatto dell’aggiudicazione.
Il creditore, titolare di un diritto reale di garanzia, non può appropriarsi della cosa ma può farla vendere e farsi pagare con prelazione: se egli si rende acquirente della cosa stessa, egli ne ha causato l’alienazione, al fine di soddisfare la propria ragione di credito, e l’ha acquistata diventando debitore del prezzo, il quale è compensato col proprio credito.
A noi interessa considerare la posizione dell’aggiudicatario creditore nei confronti del debitore espropriato e degli altri creditori che prendono parte all’esecuzione.
L’aggiudicatario, come tale, è debitore della somma che rappresenta il corrispettivo del suo acquisto.
Non è pacifico l’aspetto correlativo della questione, che consiste nell’identificazione del creditore. Qualcuno dubita perfino che un creditore esista.
Chi, infatti, afferma che la somma dovuta dall’aggiudicatario costituisce oggetto di comunione tra i creditori partecipanti all’esecuzione, suppone giù adempiuta l’obbligazione dell’aggiudicatario, poiché considera come oggetto di detta comunione la somma di denaro e non già il credito verso l’aggiudicatario medesimo.
Sennonché tale tesi postula la creazione di un rapporto obbligatorio diretto tra l’aggiudicatario e la massa dei creditori, che è poi il punto cruciale del fenomeno.
Altri dichiara che, fin dal momento in cui l’aggiudicazione si compie, l’aggiudicatario si costituisce debitore nei confronti della massa dei debitori.
In realtà, poiché l’aggiudicatario ha l’obbligo, a pena di decadenza, di versare il prezzo entro un termine stabilito (artt. 575, 585, 587 c.p.c.), per essere attribuito o distribuito, su ordine del giudice dell’esecuzione, ai creditori che vi hanno diritto, non acquista rilievo la situazione (passiva) dell’aggiudicatario, di fronte a quella (attiva) dei creditori, perché tra di esse si interpone subito quella dell’ufficio esecutivo.
Il creditore aggiudicatario conserva il suo credito nei confronti del debitore esecutato.
In seguito all’aggiudicazione, inoltre, egli diviene debitore del prezzo, sempre nei confronti del debitore espropriato.
Questa ragione di credito si sostituisce al bene in vendita e automaticamente è sottoposta al vincolo di pignoramento, che garantisce la destinazione al soddisfacimento dei creditori.
Quando il prezzo viene versato si estinguono il credito ad esso relativo (e il corrispondente debito) e al posto del bene venduta all’asta si colloca la somma di denaro, che rimane anch’essa sottoposta al vincolo di pignoramento. In relazione a detta somma, i creditori non vantano nessun diritto, tranne quello di partecipare alla distribuzione. Un loro diritto sorgerà in seguito all’ordine del giudice dell’esecuzione, col quale si intende coattivamente costituito a favore del singolo assegnatario un credito a una determinata porzione della somma depositata.
Posto ciò, un rapporto giuridico unisoggettivo vero e proprio in capo al creditore aggiudicatario può sorgere:
a) con rifermento al periodo di tempo accordatogli per il versamento del prezzo, poiché solo in tale periodo egli sarebbe debitore del prezzo;
b) se si dovesse adottare la tesi secondo la quale il credito del prezzo nasce nei confronti dei creditori concorrenti, in questo caso egli sarebbe debitore anche verso se stesso e il debito non si estinguerebbe per confusione.
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