IL CONCORSO DI PERSONE NEL REATO
PARTE I
di Max Di Pirro
1. Definizione e fondamento
Sussiste concorso di persone (o compartecipazione criminosa) quando più soggetti realizzano un reato che, in via astratta, può essere realizzato anche da una sola persona.
Tale forma di concorso, definita eventuale, si distingue dal concorso necessario, dalle ipotesi cioè in cui la plurisoggettività costituisce un elemento essenziale per la sussistenza del reato (ad esempio, nei reati associativi, nel duello, ecc.).
Il fondamento del concorso di persone nel reato è ravvisato nel principio etico-razionale per cui si devono considerare propri dell’uomo non soltanto i risultati della sua condotta ma anche quelli cagionati con il concorso di forze esterne da lui calcolate e tenute in conto per il conseguimento dei suoi scopi. L’unione delle forze, del resto, facilita la realizzazione del reato.
Il fondamento dogmatico del concorso di persone è tra i temi più complessi del diritto penale.
Le impostazioni fondamentali sono quattro:
- la concezione estensiva d’autore, che considera “autore” non solo colui che realizza la condotta tipica descritta dalla fattispecie di parte speciale (ad es., nel caso del furto, colui che, ai sensi dell’art. 624, si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene) ma, in senso ampio, chiunque presti un contributo per la realizzazione della fattispecie (per restare all’esempio del furto, colui che faccia da «palo» assicurando l’esecuzione del reato da parte di altri). La teoria in esame delinea l’illecito penale come lesione tipica o atipica (rispetto alla fattispecie penale incriminatrice) dei beni giuridici, configurando così una responsabilità contrasto con il principio di legalità-tipicità della condotta penale, cui deve informarsi anche la responsabilità concorsuale. Dunque, l’istituto del concorso si fonderebbe sull’equivalenza causale delle condotte nella causazione dell’evento, risolvendosi la condotta di concorso nella mera (con)-causazione del fatto antigiuridico. L’equivalenza causale tra le condotte consente di ritenere che ogni persona che comunque concorra a produrre l’evento, lo cagioni nella sua totalità. Il reato andrebbe perciò integralmente imputato a ciascun soggetto che abbia posto in essere una qualsivoglia condicio sine qua non dello stesso;
- la teoria dell’accessorietà, secondo la quale la condotta concorsuale atipica rileva per il solo fatto di collegarsi (di accedere) a una condotta principale conforme al modello legale descritto dalla fattispecie incriminatrice di parte speciale. Secondo la teoria dell’accessorietà estrema, per attribuire rilevanza penale alle condotte accessorie la condotta principale deve essere tipica, antigiuridica e colpevole. Risulterebbe dunque non punibile l’istigazione accolta da un soggetto non imputabile che esegua la condotta tipica. Secondo la teoria dell’accessorietà limitata, sono sufficienti tipicità e antigiuridicità della condotta principale, risultando così punibile il concorso atipico con il non imputabile o con il soggetto privo di dolo. Infine, nella sua versione minimale l’accessorietà si accontenterebbe della mera tipicità della condotta principale, configurando così la punibilità, a titolo di concorso, anche per il soggetto che partecipi in modo atipico al fatto tipico altrui rispetto al quale sussiste una causa di giustificazione. Il vizio di fondo di tale impostazione risiede nell’esigere la presenza di una condotta principale tipica: da un lato, vi sono le difficoltà concernenti i casi di esecuzione frazionata del reato, in cui nessun concorrente realizza da solo e per intero la condotta descritta dalla fattispecie incriminatrice, ponendo in essere ciascuno solo un frammento dell’intera condotta tipica, come nel caso della rapina in cui uno dei soggetti usa violenza o minaccia mentre l’altro si impossessa del denaro sottraendolo al detentore. In queste ipotesi, mancando la condotta tipica dell’autore principale, viene meno la relazione di accessorietà, risultando il fatto concorsuale non punibile. Inoltre, nel concorso di persone nel reato proprio, se il soggetto sfornito di qualifica pone in essere la condotta descritta dalla norma incriminatrice (ad es., l’inserviente, istigato dal pubblico ufficiale, si appropria materialmente del denaro pubblico affidatogli), mancando una condotta principale tipica (l’inserviente esegue il reato ma non è «autore» del reato di peculato, mancando la qualifica soggettiva richiesta dall’art. 324), verrebbe meno l’accessorietà e, quindi, la punibilità dei compartecipi;
- la teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale, accolta dalla dottrina maggioritaria. Secondo tale impostazione, dall’incontro delle varie norme incriminatrici di parte speciale con le disposizioni sul concorso di persone nasce una nuova fattispecie, detta appunto «fattispecie plurisoggettiva eventuale», che consente di punire i comportamenti atipici rispetto alla fattispecie monosoggettiva di parte speciale. Ciò in quanto tali comportamenti diventano tipici grazie all’incontro tra l’art. 110 c.p. e la norma di parte speciale. L’obiezione alla teoria della fattispecie plurisoggettiva è quella di proporre un criterio meramente logico-formale, senza indicare in alcun modo quale sia il contenuto della «nuova tipicità» creata dall’incontro tra le disposizioni sul concorso e le norme di parte speciale. Resta cioè il problema di individuare i presupposti in presenza dei quali la singola condotta di concorso diventa punibile;
- la teoria delle fattispecie plurisoggettive differenziate, secondo la quale l’incontro della norma sul concorso con la norma incriminatrice di parte speciale determina la nascita non di una sola fattispecie plurisoggettiva eventuale bensì di tante fattispecie plurisoggettive quanti sono i concorrenti, le quali avrebbero in comune il fatto materiale ma si distinguerebbero per l’elemento soggettivo relativo ai singoli concorrenti. Questa condotta spiega perché ciascuna condotta concorsuale può essere sorretta da un diverso elemento soggettivo ed è accompagnata da diverse cause di esclusione della pena o diverse circostanze.
2. Natura unitaria e requisiti strutturali del concorso di persone
Nel sistema delineato dagli artt. 110 ss. c.p. il legislatore ha adottato un modello di disciplina unitario, fondato cioè:
- sulla pari responsabilità dei concorrenti;
- sull’equiparazione sanzionatoria delle condotte di partecipazione.
Tutti i contributi concorsuali sono sullo stesso piano, senza alcun rilievo per le distinzioni tra le varie forme di concorso (salvo il caso del contributo di minima importanza, ex art. 114 c.p.).
La soluzione legislativa adottata dal codice del 1930 si contrappone al modello della responsabilità differenziata vigente sotto il codice Zanardelli e adottato in molti sistemi stranieri, nel quale il legislatore tipizza come autonome ipotesi di concorso le diverse forme di partecipazione, distinguendole in funzione dei ruoli rivestiti dai concorrenti (autore, coautore, istigatore, determinatore, complice, ecc.). Nei modelli unitari, invece, è assente ogni differenziazione tra le varie figure di concorrenti, prevedendosi invece l’equivalenza tra tutti i contributi e l’equiparazione di trattamento dei concorrenti sul piano delle pene edittali.
Poiché il concorso di persone ha struttura unitaria, i singoli atti di concorso sono, al tempo stesso, propri dei singoli concorrenti e comuni a tutti.
Ciò precisato, sul piano strutturale si ritiene indispensabile la realizzazione di quattro requisiti:
- la pluralità di soggetti; il primo requisito della compartecipazione criminosa è che il reato venga posto in essere da un numero di soggetti superiore a quello che la legge richiede per la sussistenza della fattispecie di parte speciale: dunque, nei reati monosoggettivi sono necessari e sufficienti, ai fini del concorso, almeno due soggetti, mentre nei reati a concorso necessario (reati «plurisoggettivi»), il concorso eventuale si configura solo quando vi sia almeno una persona in più rispetto ai soggetti essenziali. Sulla base di un consolidato orientamento che distingue il carattere plurisoggettivo della fattispecie concorsuale dalla concreta punibilità dei concorrenti, i soggetti non imputabili e quelli non punibili devono essere considerati come compartecipi, salvo poi escludere l’applicabilità di una sanzione penale nei loro confronti. Pertanto, pur non essendo destinatari della sanzione penale, tali soggetti vanno calcolati ai fini dell’applicazione della disciplina del concorso eventuale di persone;
- la realizzazione di una fattispecie oggettiva di reato. La necessità che i concorrenti – o almeno uno di essi – realizzino un fatto criminoso tipico è imposta dal principio costituzionale di necessaria offensività del reato e dall’art. 115 c.p. L’art. 115 c.p. sancisce la non punibilità del mero accordo e dell’istigazione diretti a commettere un reato, quando il reato oggetto dell’accordo e dell’istigazione non sia stato poi commesso. La norma prevede eccezioni (quali quella prevista dall’art. 304 c.p., cospirazione politica mediante accordo), ma si tratta di casi non intaccano il principio generale della non punibilità del mero accordo e dell’istigazione non accolta. La disciplina prevista dall’art. 115 consente, previa valutazione discrezionale del giudice, soltanto l’applicazione di una misura di sicurezza. Si tratta di una delle due ipotesi di c.d. quasi-reato (l’altra è il reato impossibile ex 49 c.p.), alla quale può essere applicata una misura di sicurezza pur non avendo il soggetto posto in essere un fatto costituente reato. L’art. 115 c.p. rappresenta uno standard garantista significativo, che a livello internazionale non tutti i sistemi penali condividono: ad esempio, nell’esperienza di common law è radicata la figura della conspiracy, ipotesi criminosa incentrata sul mero accordo diretto a realizzare un reato o un fatto genericamente antigiuridico. Il fatto materiale di reato può essere compiuto da uno o da alcuni dei concorrenti, oppure da tutti i concorrenti, realizzando ciascuno per intero la condotta tipica oppure ciascuno una parte della condotta tipica. Poiché il tentativo punibile costituisce la soglia minima dell’area di rilevanza penale, per aversi concorso di persone è necessario che siano posti in essere almeno gli estremi del delitto tentato. La consumazione del reato segna il limite cronologico ultimo della condotta concorsuale: si può concorrere fino a quando non si sia perfezionato l’ultimo degli elementi costitutivi del reato: ad esempio, nel delitto di estorsione (art. 629 c.p.) sono compartecipi anche coloro che intervengono nella fase finale dell’attività delittuosa, occupandosi della riscossione della somma di denaro estorta con violenza o minaccia. Nei reati permanenti il momento della consumazione coincide con quello in cui cessa la condotta antigiuridica. Ciò consente di ritenere responsabile, a titolo di concorso, chi contribuisca al reato anche dopo la sua esecuzione ma prima della sua cessazione: è l’esempio del contributo prestato a favore degli autori di un sequestro di persona a scopo di estorsione dopo la cattura dell’ostaggio ma prima della sua liberazione. Invece, non è qualificabile come condotta concorsuale l’aiuto prestato post delictum, dopo la consumazione del reato; in tali ipotesi potranno, semmai, prospettarsi i reati di favoreggiamento o di ricettazione.
(Segue)
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