È possibile disporre della propria identità digitale in favore di una persona, semplicemente cedendole le proprie credenziali, cioè le password e gli username?
È possibile, altresì, disporre del proprio patrimonio attraverso la cessione delle credenziali?
Bisogna partire da una distinzione.
Se le credenziali sono congegnate in modo da costituire una specie di firma elettronica, qualsiasi disposizione diretta alla loro cessione non è lecita perché si tradurrebbe nell’utilizzo (ovviamente non consentito) di sistemi di firma che documentano l’identità del sottoscrivente.
Se invece le credenziali consentono solo l’identificazione telematica dell’avente diritto all’accesso, esse possono essere assimilate ai documenti di legittimazione (art. 2002 c.c.) e la loro cessione sarà lecita. A tale scopo l’ordinamento mette a disposizione due strumenti: il mandato post mortem exequendum o il legato di password.
Nel caso di mandato post mortem exequendum la cessione dovrà essere finalizzata al compimento di specifiche attività (es. distruzione di dati, fotografie, documenti) ma non può essere il tramite per il trasferimento di un bene digitale (Cass. ord. 15-5-2018, n. 11763), posto che il diritto sui beni digitali segue le regole della successione mortis causa.
In questa seconda ipotesi si potrà allora ricorrere ad un legato di password con il quale il disponente, nel proprio testamento, indica un altro soggetto quale legatario delle sue password e, in forza di tale disposizione, il soggetto designato diventa anche titolare del diritto sul cespite digitale ad esse relativo, ma sempre nei limiti della quota di patrimonio disponibile e nel rispetto della successione dei legittimari.
Occorre quindi sempre tener presente che la titolarità del diritto di accedere ad una risorsa on line tramite le credenziali non implica automaticamente anche il diritto di proprietà sui contenuti cui si ha accesso. La proprietà si trasmette sempre secondo le regole ordinarie del diritto e, in tal caso, del diritto successorio.
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