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Salvo emendamenti dell’ultima ora, l’educazione alla parità di genere è stata eliminata dalla bozza di legge per l’inserimento dell’educazione civica nelle scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione, provvedimento già passato alla Camera e ora in esame al Senato.
Se la legge verrà approvata così com’è, non contemplerà l’educazione alla parità tra uomo e donna tra i “saperi” declinati dalla nuova disciplina.
E se così fosse, sarebbe grave. Per molti motivi.
Sarebbe grave, ad esempio, perché viviamo in un paese dove, nonostante la Costituzione e le leggi garantiscano in molti modi uguali diritti per uomini e donne, nei fatti le discriminazioni verso la donna in ambito familiare, economico, professionale e politico, restano importanti e numerose (salari più bassi, assenza di sostegno per le madri lavoratrici, quote rosa).
Sarebbe grave, ancora, perché l’Italia è uno dei paesi europei in cui la violenza sulle donne è più diffusa (stalking, stupri, violenza domestica), e in altissima percentuale essa è perpetrata dai compagni di vita delle vittime. Perché, nel nostro paese, con una donna uccisa ogni tre giorni, il fenomeno del femminicidio va assumendo i connotati di una vera e propria emergenza nazionale.
E sarebbe grave infine perché, per fermare la spirale disparità-discriminazione-violenza, non sono sufficienti gli interventi giuridici e l’inasprimento delle pene, ma bisogna avviare una profonda e convinta rivoluzione culturale che sradichi gli stereotipi di genere e ridefinisca i nuovi ruoli dell’uomo e della donna in una prospettiva di reciproco rispetto e di reale uguaglianza tra i sessi.
E perché l’unico luogo in cui essa può avere inizio e attuazione deve essere la scuola.
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